Unruly Heroes

Pokémon, OOC, Personaggi Originali

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  1. Kimberly Anne
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    Duuunque, ultimamente mi sono fatta prendere parecchio da Pokémon Bianco&Nero, quindi ho dovuto scrivere una FF a tema =D
    I protagonisti sono personaggi originali (la versione su carta di me stessa e dell’amico che mi ha trascinata nell’insana follia di Pokémon B&W) e quindi un tantino stravaganti, ma non lasciatevi spaventare!
    Spero che vi faccia piacere leggere questa storia, o almeno vi strappi un sorriso e non la consideriate una completa perdita di tempo.
    E ricordate: una recensione è uno spreco di cinque minuti per voi, ma una gioia immensa per tutti gli scrittori ^-^

    AVVISO A TUTTE LE FANGIRLS DI N: IN QUESTA FF NON E’ TRATTATO AFFATTO BENE.
    (l’ufficio lamentele si trova in fondo a destra, assomiglia un po’ a una finestra, ma non preoccupatevi, il salto è di soli tre metri.)



    Indice:

    Capitolo 1
    Capitolo 2
    Capitolo 3
    Capitolo 4
    Capitolo 5
    Capitolo 6
    Capitolo 7
    Capitolo 8
    Capitolo 9
    Capitolo 10
    Capitolo 11

    Se leggete e vi piace, lasciate un commento qui o una recensione su EFP, mi farà davvero piacere sapere se vi è piaciuta qualche parte in particolare o in ogni caso che avete gradito la storia ^-^



    Chi volesse leggere la FF su EFP può cliccare qui.

    Capitolo 1
    Prevedibili Imprevisti



    Il profumo di resina permeava l’aria; un odore fastidioso a cui non si sarebbe mai abituata.
    «Ne ho trovato uno.» sussurrò all’Interpoké che portava al polso. «E’ piuttosto vicino all’evoluzione. Potremmo prendere due piccioni con una fava.» Scostò nuovamente un ramo del cespuglio dietro cui era accucciata, per tenere sott’occhio il Deerling che brucava l’erba a pochi metri di distanza.
    «Ricevuto.» rispose una voce maschile al suo auricolare. «Ho la tua posizione. Posso essere lì in trenta secondi.»
    «Ti aspetto.»
    Sempre tenendo d’occhio la preda, Kim infilò una mano nella borsa e accarezzò con la punta delle dita le pokéball al suo interno. Ne tirò fuori una, contrassegnata da un’incisione a forma di smile. Era la volta buona, lo sentiva.
    Il suo auricolare tornò a ronzare. «Ci sono. Ti copro.»
    «Ok.» rispose, senza quasi muovere le labbra. Si concesse ancora qualche istante per concentrarsi. Molleggiò un paio di volte sulle caviglie, spostò il peso da un piede all’altro. Il Deerling continuava tranquillamente a brucare l’erba, ignaro della presenza dei suoi cacciatori.
    Kim prese un respiro e rotolò fuori dal cespuglio.
    Il Deerling si allarmò immediatamente, ma era già troppo tardi: la pokéball che un momento prima era nella mano di Kim era adesso aperta in mezzo all’erba.
    «Porchetta, usa Lanciafiamme!» ordinò la ragazza al piccolo esemplare di Tepig che si era appena materializzato in mezzo alla radura.
    Porchetta spalancò la bocca e da essa uscì un potente getto di fuoco, che andò ad abbattersi contro il Deerling terrorizzato.
    Coglierlo di sorpresa non era stato particolarmente complicato; il difficile veniva adesso.
    Il Deerling aveva riportato diverse bruciature su tutto il corpo e il fuoco aveva attecchito su una piccola porzione di pelliccia, da cui ora saliva un sottile filo di fumo. Ciononostante, il pokémon non mostrò segni di cedimento. Sbuffò e gemette, ma si lanciò alla carica contro Porchetta, in un inconfondibile attacco Riduttore.
    Kim strinse i denti di riflesso. I Tepig erano sicuramente avvantaggiati contro i pokémon di tipo Erba, ma non erano veloci quanto i Deerling. L’impatto sarebbe stato inevitabile.
    «Verdebufera!»
    Dal nulla, una miriade di foglie trasportate da un vento impetuoso colpirono il Deerling, ferendolo lievemente e fermando la sua carica. Da dietro gli alberi, erano spuntati un maestoso Lilligant e il suo allenatore.
    Kim strizzò loro l’occhio in segno di riconoscenza, ma non perse tempo in convenevoli. «Vai con Nitrocarica, Porchetta!»
    Il pokémon ci mise qualche secondo a far prendere fuoco al suo intero corpicino, ma poi si scagliò con tutte le sue forze contro il Deerling, ancora intontito dall’attacco inaspettato di Lilligant.
    L’impatto fu tremendo e, con il più delle probabilità, fatale.
    Il Deerling lanciò uno strillo acuto e le sue zampe cedettero, lasciandolo a terra, ansimante.
    Era fatta.
    Kim si voltò verso il suo amico, con un sorriso trionfante. «Hai visto, Lee?» gli urlò. «Così impari a dire che Porchetta è inutile! Non me lo sogno nemmeno di farlo evol- »
    Fu interrotta da alcuni colpi di tosse ai suoi piedi.
    «Che cos’hai, Porchetta?» chiese Kim, perplessa, sollevando il suo pokémon per osservarlo meglio. «Hai ingoiato qualcosa?»
    Gli aprì la bocca e gli controllò l’interno della gola, ancora lievemente luminosa a causa delle fiamme che aveva sputato poco prima. Le sembrò di scorgere qualcosa vicino all’ugola, così infilò la mano con cautela e, facendo del suo meglio per non scottarsi, staccò qualcosa di più o meno sferico dalla gola del suo Tepig.
    «Piccolo pasticcione, vediamo un po’ cos’hai... oh, merda, no!»
    Era troppo tardi. Kim lasciò cadere il parassiseme per far scattare la mano nella borsa, verso la pokéball più vicina, ma il Deerling si stava già rialzando, avvolto da un tenue bagliore verde. Porchetta gemette, l’energia che gli veniva drenata dai numerosi parassisemi che aveva tra la pelliccia.
    Kim lo strinse a sé, ma il suo sguardo era puntato sul Deerling, che a sua volta la stava fissando. I suoi erano occhi pieni di paura, dolore e rabbia. Kim avrebbe potuto giurare che fossero perfino colmi d’odio, se non avesse saputo che era un sentimento di cui i pokémon non erano capaci. Non riuscì a smettere di fissarli, nemmeno quando il Deerling si lanciò alla carica contro di lei.
    «Kim! Cosa stai facendo? Spostati!»
    La ragazza tornò in sé appena in tempo per buttarsi di lato, in una caduta che le sbucciò entrambe le ginocchia. Il dolore pose fine al suo intontimento. Approfittando dei pochi attimi in cui il Deerling inchiodò per girarsi e riprendere la carica in sua direzione, fece rientrare Porchetta nella sua pokéball. A quel punto, però, il Deerling le era praticamente adosso.
    «Lilligant, usa Paralizzante!»
    La polverina gialla che scese sul pokémon non servì a paralizzarlo, ma sicuramente lo intorpidì, perché fu costretto a fermarsi per scrollarsela di dosso. Kim ne approfittò per alzarsi in piedi e raggiungere con la mano la sua ultraball preferita. «E’ stremato, ma dobbiamo farcela in un solo colpo o si riprenderà!» urlò a Lee.
    Il ragazzo, seppure con un’espressione preoccupata, annuì. Si rivolse al suo pokémon: «Giornodisole, Lilligant!»
    Lilligant obbedì, incominciando a generare uno schermo trasparente, quasi invisibile all’occhio, se non fosse stato per i suoi riflessi lucenti, e ad alzarlo lentamente verso il cielo.
    Era una mossa rischiosa. L’intensificazione dei raggi solari avrebbe di certo favorito le mosse di tipo Fuoco, garantendo la vittoria in un colpo solo, ma il processo richiedeva tempo. Tempo che Kim non era certa di avere.
    Appena ebbe finito di scrollarsi di dosso la polvere paralizzante, il Deerling selvatico indugiò, indeciso su quale dei due nemici concentrarsi. Scelse quasi subito, forse perché Kim pareva la più debole e indifesa, senza nemmeno un pokémon al suo fianco. Anche lui decise di rischiare il tutto per tutto: fissò lo sguardo sulla ragazza ed incominciò ad accumulare energia.
    «Kim!» esclamò Lee, allarmato. «Vuole lanciarti un’Energipalla, levati di lì!»
    «No!» urlò Kim in risposta, stringendo la sua ultraball. «Finché lo tengo occupato, Lilligant potrà lavorare in pace a Giornodisole. Ho un piano, non ti preoccupare!»
    In realtà, il suo non era tanto un piano quanto una scommessa. Una scommessa che Lilligant sarebbe stata più veloce del Deerling a completare la sua mossa.
    L’aria si stava facendo sempre più calda e l’ambiente luminoso. Il sole picchiava come non mai. La sfera di energia di Deerling si faceva man mano più consistente.
    Quando ebbe l’impressione che il calore fosse ormai insopportabile, Kim inspirò e lanciò la sua ultraball. «Victini, Lanciafiamme!» gridò, prima ancora che il pokémon si materializzasse. Nello stesso istante, l’Energipalla prese il volo.
    Il resto fu confuso.
    Kim si sentì sbalzare lontano da un’energia più grande di lei e d’un tratto non ci vide più. I suoni si fecero ovattati. C’erano solo il crepitio delle fiamme, una voce e un dolore pulsante. Si ritrovò ad oscillare tra realtà e incoscienza, come in una strana altalena, finché, dopo chissà quanto, trovò la forza di riaprire gli occhi.
    «Kim!» La voce di Lee le rimbombò nelle orecchie, un frastuono assordante e innaturale. «Kim, stai bene?»
    Lei dovette battere le palpebre diverse volte, prima di recuperare del tutto la vista. Il mondo aveva assunto una sfumatura bluastra. Compresa la mano di Lee, che, nel panico, gliela stava sventolando davanti alla faccia. La dovette afferrare, prima che le facesse girare la testa. «Sto bene... credo.» biascicò, rauca, e si puntellò sui gomiti per raddrizzarsi un po’. «Il Deerling?»
    «Ti sei fatta colpire in pieno da un’Energipalla! Sei completamente impazzita, per caso?»
    Kim sospirò e ripeté, insistente: «Il Deerling?»
    Lee fece una smorfia, ma poi le mostrò una megaball, con un sorrisetto soddisfatto.
    «Sì!» esclamò Kim, gettandogli le braccia al collo. Quel semplice gesto le provocò una dolorosa fitta alla testa, ma non le importava. «Ce l’abbiamo fatta, finalmente! Questa sarà una storia da raccontare ai figli dei figli dei miei figli!»
    Lee rise e le diede una mano ad alzarsi. Era un po’ malferma sulle gambe, ma ce la faceva a stare in piedi. «Come lo chiamiamo?» continuò, eccitata. «Ci vuole per forza un nome!»
    «Ah, basta che non lo chiami “Bistecca” e per me fa lo stesso.» disse Lee.
    «E perché mai dovrei? “Lombata”, magari...»
    «KIM!»
    «”Bocconcino”...?»
    «Piantala di dare ai pokémon nomi di roba da mangiare!»
    Kim rise e quasi perse l’equilibrio, rischiando di cadere. Per fortuna, qualcuno l’afferrò per il gomito prima che questo accadesse.
    Ma non era Lee. Era un ragazzo dai lunghi capelli verdi, che sorrise loro amichevolmente. «Ma guarda un po’ chi si rivede!»
    Kim strillò per lo spavento e si liberò dalla sua presa all’istante. «AH! E’ di nuovo quel maniaco!» esclamò, tentando di nascondersi dietro a Lee, il quale a sua volta stava tentando di nascondersi dietro di lei, così finirono per darsi una testata e rimanere entrambi completamente visibili. Il ragazzo misterioso ne approfittò per circondare le spalle di entrambi con le braccia.
    «Che cosa vuoi, N?» chiese Lee, scontroso.
    «Ma come? Solo abbracciarvi un po’ come ai vecchi tempi, no?»
    «Beh, grazie, ma no grazie.» replicarono all’unisono Lee e Kim, scivolando fuori dalla sua stretta.
    «Abbiamo da fare. Siamo dei professionisti, sai.» disse Kim.
    N parve molto deluso. «E questi impegni...» ragionò, vago. «Potrebbero avere a che fare con questa?» Mostrò loro una megaball molto familiare.
    Lee si guardò le mani, incredulo. «Ehi!» esclamò. «E’ nostra, ridaccela!»
    «Ah-ah.» fece N, scuotendo la testa. «Sarebbe così facile liberare questo piccolino, non l’avete ancora addestrato...» Il suo indice indugiò sul pulsante di apertura della pokéball.
    «Provaci soltanto e ti meno a sangue.» ringhiò Kim, che evidentemente non si era fatta colpire da un’Energipalla per divertimento.
    «Ma come siamo focose, oggi.» la prese in giro N, con un che di accondiscendete, e le abbassò la visiera del cappellino fino al naso. «Ma oggi non mi sembri in grado di farlo, non credi, peperoncino?» Ridacchiò. «Davvero non siete disposti ad ascoltare la semplice richiesta di un vecchio amico?»
    Lee gli lanciò un’occhiataccia. «Ovvero? Che cosa vuoi?»
    «E’ davvero una sciocchezza.» sorrise N. «Un appuntamento.»
    «CHE CO-»
    «Aspetta, Kim. Con chi dei due?»
    «Beh, uno vale l’altro. Anzi, perché non tutti e due?»
    «E ci restituirai Deerling?»
    «Certamente.»
    «Non provarci.» sibilò Kim. «Se solo ci provi, io...»
    «Va bene, accettiamo.»
    «LEE!»
    «Ottimo, allora.» concordò N, tutto contento. «Verrò a prendervi io. Sarà divertente, promesso!»
    E, con un ultimo, inquietante occhiolino, sparì nuovamente nella foresta.
    «Io lo uccido.» disse Kim, nera di rabbia. «Vado a quello stupido appuntamento, recupero Deerling e lo UCCIDO.»


    Edited by Kimberly Anne - 11/10/2011, 20:04
     
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  2. Kimberly Anne
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    Aggiorno con il secondo capitolo! (prima o poi, qualcuno si degnerà di commentare, lo so ù_ù)

    Link EFP

    SPOILER (click to view)

    Capitolo 2
    Disperazione e Macchinazioni



    Toc toc.
    «Vattene!» urlò la voce di Kim, da dietro la porta. «Avevo detto a mamma di dirti che ero morta!»
    «In realtà mi ha detto che sei partita per Sinnoh, a caccia di Pachirisu.» la corresse Lee, senza poter trattenere un sorriso. Kim era sempre stata fissata con quei piccoli pokémon elettrici, tanto che uno dei suoi viaggi mentali preferiti (condiviso con chiunque fosse abbastanza paziente o sordo da starla ancora ad ascoltare) era il suo futuro viaggio verso la regione montuosa di Sinnoh per catturarne uno. La sua testardaggine faceva quasi tenerezza.
    «Era nelle mie intenzioni.» borbottò Kim. «Ma poi ho pensato che tanto quel dannato stalker riuscirebbe a trovarmi perfino lì. Deve avermi piazzato un GPS nel cappello.»
    «E’ appunto di lui che volevo parlarti.» sospirò Lee, tamburellando nuovamente le nocche sulla porta. «Mi fai entrare?»
    «NO! E’ tutta colpa tua, se sono in questa situazione. Sarò arrabbiata con te, tipo, per sempre.»
    Tipo, per sempre. Altre parole che aveva sentito uscire dalle sue labbra più di una volta – e che lei si era prontamente rimangiata cinque minuti dopo. Niente di cui preoccuparsi.
    «Avanti, non fare così.» disse il ragazzo, con una smorfia. «Era l’unico modo di farci restituire Deerling, lo sai.»
    «Ecco, lo vedi? Mi stai dando in pasto a quel maniaco e non te ne importa niente!»
    «Guarda che ci vengo anch’io, con te...»
    «Come se volesse dire qualcosa!» commentò Kim, stizzita. «Tu sei un ragazzo, non devi difendere la tua virtù o altro...»
    Lee roteò gli occhi. Quella ragazza l’avrebbe fatto uscire matto, prima o poi. «Non ricominciare con la storia della virtù. Nessuno ti farà niente, quindi fammi entrare. Abbiamo bisogno di un piano.» Ovvio che ne avevano bisogno. N poteva anche aver promesso di restituire Deerling, ma non c’era garanzia che non ne avrebbe approfittato per... altro.
    «Neanche per idea. Me lo troverò da sola, un piano.»
    Razza di piccola, ingrata testarda! pensò Lee, pur avendo il buon senso di non dirlo ad alta voce. In quel momento, solo due cose potevano smuovere Kim: le lusinghe, oppure...
    «Bene. Allora posso anche restarmene a casa, tanto N ha detto che gli vai bene anche tu da sola. Con il tuo piano geniale andrà tutto a meraviglia.»
    ...i ricatti.
    La porta si aprì in meno di un nanosecondo. «Entra immediatamente, o tiro fuori Emolga.» ordinò Kim, squadrandolo in modo alquanto tetro.
    Farle cambiare idea non era mai stato particolarmente difficile.
    Entrarono nella camera, che era ridotta in condizioni pietose: il letto era sfatto, l’armadio aperto, i vestiti sembravano ricoprire ogni centimetro quadrato delle superfici piane e le tende erano chiuse, avvolgendo il tutto nella penombra. La stessa Kim pareva piuttosto sciupata, con i capelli sciolti e spettinati, un alone di grigio sotto gli occhi e l’espressione funerea di chi fosse appena venuto a sapere di un’improvvisa carenza di Pachirisu nel mondo.
    «Hai fondato una setta satanica, per caso?» chiese Lee, impressionato. Kim non era esattamente un tipo ordinato, ma nemmeno le piaceva vivere nel caos; era sempre molto attenta ad avere a portata di mano tutto quello che le potesse servire e cercava, nei limiti del possibile, di non abbandonare calzini sporchi sotto il letto o vestiti freschi di lavanderia fuori dai cassetti. Per questo, vedere tutta quella confusione era sintomo di qualcosa di molto più grave di quello che si era aspettato.
    «Uhm.» fece Kim, assente, mettendosi a rovistare in un cumulo di camicette. «Potrei anche farlo. Chissà che non esista un qualche patto col diavolo che mi permetta di liberarmi di N una volta per tutte.» Tra i vestiti, trovò una pokéball e ne premette il pulsante di apertura. Un piccolo Litwick uscì dalla sfera e iniziò a scivolare in giro, per i fatti suoi, diffondendo un tenue bagliore violetto nella stanza.
    Lee deglutì a vuoto. Se la situazione avesse continuato a degenerare in quel modo, presto si sarebbe trovato anche lui in una stanza buia, sommerso da una montagna di vestiti. O peggio.
    «Non ti sembra un po’... spettrale, l’ambiente?»
    Kim alzò le spalle e si lasciò cadere sul letto, sollevando una piccola onda di vestiti. «Credevo che quel maniaco se ne fosse andato per sempre. Credevo di poter riprendere a vivere una vita felice, né troppo monotona né troppo spericolata, a caccia di pokémon un giorno e sulla spiaggia a prendere il sole l’altro. E invece...» sospirò e rotolò su un fianco, mordendosi un labbro. «E invece è tornato a tormentarmi.»
    Lee alzò un sopracciglio, dubbioso. Eccola che ricominciava a fare la melodrammatica, come sempre. «Lo so, essere perseguitati da N non è esattamente piacevole.» tentò di rassicurarla. «Ci sono passato anch’io. Ma non mi sembra il caso di buttarsi giù così, no? Perché non incominciamo ad aprire la finestra e...»
    «No!» Kim tuffò la testa in un cuscino, ottenendo come effetto collaterale di ritrovarsi coperta di calzini. «Sento che, quando in questa stanza entrerà un raggio di luce, accadrà qualcosa di terribile. Non voglio.»
    Ancora con quei capricci assurdi. Era ora di finirla. Lee si avvicinò comunque alla finestra e ne tirò le tende, deciso a tirare fuori l’amica da quella malsana depressione. «Avanti, non succederà nulla. E’ solo un po’ di so-».
    Un Archeops gli sorrise dall’altra parte del vetro.
    «Ma che caz-...!» Il ragazzo indietreggiò e quasi cadde per la sorpresa, Kim urlò e il pokémon sbatté la testa contro la finestra, nel tentativo di aprirla. Dopo un paio di testate che non produssero risultati, l’Archeops decise di andarci di zampe, ottenendo finalmente di trasformare la finestra in una miriade di schegge di vetro volanti. Dopodiché, soddisfatto del suo operato, si appollaiò sul davanzale.
    Kim, abbracciata stretta al suo cuscino, rivolse a Lee uno sguardo spaventato. «E’ l’Archeops di N.» disse, con un filo di voce.
    «...già.» concordò Lee, cercando ancora di riprendersi dallo shock di trovarsi a venti centimetri di distanza da un pokémon nemico – di quel nemico, in particolare – che, nelle giuste condizioni, l’avrebbe volentieri sgranocchiato. «Ha qualcosa in bocca.» notò poi, stupito.
    Come se quelle parole l’avessero chiamato, l’Archeops allungò il collo verso di lui, porgendogli ciò che trasportava. Non vedendo alternative, il ragazzo lo prese in mano.
    Era una busta. Una busta verde, sigillata con un cuoricino a mo’ di ceralacca. Già quello bastò a dargli i brividi.
    Avendo compiuto la sua missione, l’Archeops spiegò le ali e, infischiandosene bellamente di aver appena fatto a pezzi una finestra e spaventato a morte gli oggetti dell’amore del suo padrone, se ne volò via.
    Senza dire una parola, Lee andò a sedersi sul letto accanto a Kim, facendosi spazio tra gonne e pantaloncini. Esaminò la busta centimetro per centimetro, ma sembrava non esserci scritto nulla; né il mittente, né il destinatario.
    Intanto, Kim non sembrava intenzionata a lasciar andare il suo cuscino. «E se facessimo finta di non averla mai ricevuta...?» propose, esitante.
    Lee alzò le spalle, ancora senza distogliere lo sguardo dalla busta misteriosa. «In ogni caso, sarà meglio sapere cosa c’è scritto.»
    «Uhm.»
    In realtà, anche Lee non sapeva se aprire veramente la busta o no. Era stato facile, tutto sommato, fare quella promessa a N, ma averci a che fare lo metteva come sempre a disagio. Le sue dita indugiarono sul sigillo a forma di cuore.
    Kim gli prese la busta dalle mani. «Lascia fare a me.» disse piano, accompagnandosi con il primo, debole sorriso della giornata. «So che rapporto hai con i cuoricini rosa.» lo prese in giro, nonostante continuasse ad essere la più spaventata dei due.
    Prima che lui potesse ribattere, Kim strappò il sigillo della busta e ne tirò fuori un sottile cartoncino verde prato, scritto in caratteri sottili e raffinati.

    Passerò a prendervi oggi, appena avrò completato i preparativi per il nostro ap-pun-ta-men-to ♥
    Fatevi trovare pronti, mi raccomando!
    Sempre vostro,
    N.

    Seguiva uno scarabocchio di una faccina sorridente, che probabilmente doveva rappresentare N stesso.
    Kim e Lee rabbrividirono.
    «Io muoio.» piagnucolò Kim. «Non ce la posso fare.»
    «Invece puoi.» disse Lee, anche se il suo tono non era deciso quanto avrebbe voluto. «Hai detto che l’avresti ucciso, no? Concentrati su quello che provavi in quel momento.»
    «Nausea e un fortissimo mal di testa...?»
    «No! Intendevo il sentimento!»
    Kim parve pensarci su per qualche istante e illuminarsi, ma poi scosse la testa. «Ero appena stata colpita da un’Energipalla. Non ero in me.»
    «Eri più che in te. Puoi farcela.» ribadì Lee, mettendole una mano sulla spalla. «E poi...»
    Kim alzò un sopracciglio. «E poi, cosa?»
    Lee sospirò, con un che di rassegnato. «E poi, ammettilo: senza quel Deerling non sopravviveremo a lungo. I soldi che ci ha promesso il Laboratorio di Ricerca in cambio sono tutto quello su cui possiamo contare per il prossimo mese. E tu non puoi rimanere da tua madre per sempre.»
    Kim parve ancora più scoraggiata. «Lo so.» si lamentò. «Scommetto che, quando sei arrivato, mamma aveva già la faccia da “Portala-via-tu-o-la-butto-fuori-io”.»
    «Precisamente.» annuì Lee. «E nemmeno io ci tengo a morire di fame. Preferirei qualcosa di più eroico, tipo morire per salvare il mondo o...»
    L’amica gli lanciò un’occhiataccia. «Non dirlo nemmeno per scherzo. Però, anche se Nardo sembra aver avuto una pessima influenza su di te, hai ragione. Dobbiamo riavere Deerling indietro ad ogni costo.»
    «E quindi ci serve un piano.»
    «E quindi, ci serve un piano.»

     
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  3. hina`6918
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    grande Kim!!!! è la prima Fan Fiction sui Pokemon che leggo **
    coooomunque..... N maniaco noooo ç___ç *è una delle fangirl di N, quindi accoglie il consiglio di Kim e si precipita all'ufficio lamentele*
    Anche se un po' se lo merita ù_ù
    Però è bello sapere che non sono l'unica a dare nomi stupidi ai Pokemon!!!!! *fissa il suo Tepig chiamato Il Porco*

    Per il resto... non vedo l'ora per il prossimo capitolo!!!!!
     
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  4. Kimberly Anne
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    Grazie mille! ^-^
    N maniaco è un luogo comune mio e di Lee xD Voglio dire, solo un stalker può riuscire a trovarti SEMPRE. E poi... la ruota panoramica ò_ò" E il fatto che tratta nello stesso modo sia le ragazze che i ragazzi. E' inquietante.
    "Porchetta" è stato uno sclero momentaneo, ma a furia di giocare mi ci sono proprio affezionata <3
     
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  5. ¬Luna
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    Mi piace, è fantastica. xD E poi Porchetta, Bistecca, Bocconcino.. xDDD Kim, sei fantastica, fai morire dalle risate. u_u
    Continua, mi raccomando. ^-^
     
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  6. Kimberly Anne
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    Grazie anche a te ^-^
     
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  7. Kimberly Anne
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    Terzo capitolo~

    Leggetelo su EFP e recensite! è_é

    SPOILER (click to view)

    Capitolo 3
    Patti da Riscrivere



    Kim aveva sempre odiato le gonne.
    Strette, scomode, sempre troppo corte o troppo lunghe, necessitavano di un’attenzione costante ed erano delle infide traditrici, perennemente pronte a rivelare al mondo intero il tuo modello di mutandine.
    Le odiava, le gonne.
    Per anni, sua madre aveva cercato di convincerla a vestirsi in modo più femminile, regalandole ad ogni occasione gonne piene di balze e vestitini che sarebbero stati un amore indosso a una bambola di ceramica, ma Kim non aveva mai ceduto. Si era sempre opposta, aveva sempre trovato una scusa per non abbandonare i suoi pantaloncini, aveva sempre scalciato e urlato, pur di fare come pareva a lei.
    Fino ad ora.
    «Sei sicuro che non si veda nulla?» chiese, per la ventisettesima volta.
    «Assolutamente sicuro.» rispose Lee, dimostrando una pazienza tale da poterlo fare Santo lì e subito. «Perfino N, con l’occhio lungo che si ritrova, dovrebbe praticamente mettersi a testa in giù, per sbirciare. Rilassati.»
    Ma Kim non sembrava ancora molto convinta. Per sicurezza, tirò l’orlo della gonna un po’ più in basso, ottenendo solo che le spalline dell’abito scavassero un solco ancora più profondo nelle sue spalle, ormai arrossate e doloranti. «Dici?» chiese, ma qualunque risposta l’avrebbe lasciata insoddisfatta. «Continua a sembrarmi troppo corto.»
    «E’ il più lungo che hai, Kim. Avanti, ti arriva al ginocchio, non è così scandaloso.»
    Lei fece una smorfia. «Quasi al ginocchio. E poi, c’è sempre quello della nonna...»
    «Quello è orribile. Non posso permetterti di indossarlo, non solo in quanto tuo migliore amico, ma in quanto essere umano.»
    «Meglio! Se sarò troppo brutta per essere guardata, anche N mi lascerà in pace!»
    Lee gonfiò una guancia. «Hai già dimenticato il nostro patto? Non puoi barare. E poi, tanto, stiamo parlando di un maniaco: non gli importa dei tuoi vestiti, tanto vuole togl- »
    «Non provare nemmeno a pensarlo! Mi farai andare nel panico!»
    «Tanto lo sei già...»
    «Allora non peggiorare le cose! Ho bisogno di uno specchio.»
    Lee, con un punto interrogativo sulla testa, la guardò fiondarsi su per le scale, verso la sua camera.
    Dannazione, pensò la ragazza, chiudendosi la porta alle spalle. Dannazione, dannazione, dannazione!
    Li odiava tutti. N, sua madre, l’appuntamento, le gonne, tutta quella situazione. Non ce la poteva fare. Non sarebbe sopravvissuta a quella serata, non ce n’era alcuna possibilità.
    Qualcosa di umido, morbido e caldo le si sfregò delicatamente sulla caviglia, facendola sobbalzare.
    «Oh, Porchetta.» sospirò Kim, chinandosi ad accarezzare il suo dolce starter. «Vorrei tanto che bastasse il tuo nasino a consolarmi...»
    Il pokémon le leccò la mano e poi vi spinse dentro la testa, forse per incoraggiarla, forse solo per richiedere un altro po’ di coccole.
    Kim l’adorava.
    Certo, avevano avuto le loro incomprensioni (più di una volta, Kim si era ritrovata ustionata malamente dopo qualche scaramuccia e, altrettante, Porchetta era stato lasciato per giorni “a riflettere” nella sua pokéball), ma le avevano sempre superate. Erano amici, compagni, ormai incapaci di vivere l’uno senza l’altra. Kim si sentiva legata a quel pokémon più che a qualsiasi essere umano. Era l’unico che, in qualunque situazione, rimaneva sempre dalla sua parte.
    Lo prese in braccio, intenerita da quella dimostrazione d’affetto, e, nel girarsi scorse con la coda dell’occhio la sua immagine riflessa nello specchio. Rimase di stucco.
    La ragazza che rispondeva al suo sguardo sbigottito non era lei.
    Certo, le assomigliava: i lineamenti, la costituzione, il colore dei capelli erano gli stessi, ma tutto il resto le era completamente estraneo.
    La ragazza sciupata, impaurita e fragile, avvolta troppo stretta da un vestito rosa pastello, incerta nel reggersi su un paio di tacchi di pochi centimetri, non era lei.
    Non poteva essere lei.
    Sbatté un paio di volte le palpebre, cercando di cancellare quell’immagine irreale dalla sua retina, ma essa rimase lì dov’era, a fissarla con orrore.
    Tenendo Porchetta stretto a sé con un braccio, sfiorò la superficie dello specchio con la mano libera.
    Che cosa le stava succedendo? Perché era così spaventata?
    Perché, questa volta, non riusciva a trasformare la sua paura in determinazione, progettando come al solito mille modi di mandare N al camposanto?
    «Sai, Porchetta, io e Lee abbiamo fatto un patto, per quanto riguarda stasera.» disse piano, grattando il piccolo Tepig tra le orecchie, per rimetterlo poi a terra. «Uno di noi dovrà tenere occupato N, mentre l’altro cercherà di scoprire cos’ha in mente questa volta. Solo che nessuno dei due vuole stare troppo vicino a quello lì, capisci?»
    Mentre parlava, Kim si liberò dell’abitino rosa e lo buttò per terra. Lo calpestò addirittura, mentre si affrettava ad aprire l’armadio ed iniziare a frugarci dentro.
    «Quindi, vedi, non riuscivamo a trovare una soluzione. E anche lasciare la scelta al caso sarebbe stato troppo complicato: avremmo solo finito per lanciare una moneta in aria un centinaio di volte, senza arrivare a niente.»
    Porchetta osservò la sua migliore amica umana infilarsi un paio di shorts neri e una maglietta senza maniche, dello stesso colore, fatta eccezione per le macchie di arancione che erano il disegno di un Tepig addormentato e la scritta sottostante: “Porchetta ♥”. Kim se l’era fatta fare qualche anno addietro, quando Lee aveva per la prima volta insinuato l’inutilità del suo pokémon, se lei non si fosse decisa a farlo evolvere.
    Quando tornò davanti allo specchio, Porchetta emise un versetto di approvazione, a cui Kim rispose con un breve sorriso.
    «Perciò, abbiamo deciso che ci affideremo alla fonte stessa del problema.» continuò la ragazza, anche se fu evidente nella sua voce una nota di nervosismo, mentre si legava i capelli nella solita coda di cavallo. «Ovvero N. Abbiamo concordato che il...»
    Un ansioso bussare alla porta la interruppe.
    «Kim, sei morta?» la chiamò Lee, dal corridoio. «Guarda che non vale chiuderti qui finché N non arriva, lo considererò forfait.»
    Lei fece una smorfia. «Il pensiero non mi aveva nemmeno sfiorata. Arrivo tra un minuto.» mentì. Aveva pensato a quello e ad almeno altri ventiquattro modi di fuggire, nelle ultime due ore. Decisa a dire un altro paio di bugie, per farsi coraggio, stava anche per aggiungere che “lei, la parola forfait nemmeno la conosceva” e che “di certo, non si lasciava impaurire da un clown coi capelli verdi”, ma qualcosa la distrasse.
    Il rumore come di un sospiro e una strana corrente d’aria, che le scompigliò un poco i capelli. Per un attimo si convinse che non era stato nulla. Dopo la visita di Archeops, tutto quello che era rimasto della finestra erano lo stipite e le tenda, perciò era normale che il vento s’insinuasse anche all’interno della stanza, di tanto in tanto.
    Ma la sua tranquillità durò solo quell’instante che le servì a voltarsi, dopodiché svanì di botto, come una bolla di sapone scoppiata. Le sembrò quasi di sentirlo, quel ‘pop’ sbigottito.
    In piedi sul davanzale della finestra, illuminato solo dalla pallida luce della luna. Con il suo solito sorriso, innocente solo all’apparenza. Il cappello, che teneva con la visiera così bassa. E quella spugna di Menger, che come sempre gli dondolava dalla cintura.
    N.
    Il cuore di Kim saltò un battito.
    Il ragazzo si raddrizzò e rivolse lo sguardo verso di lei. «Ehi.» disse soltanto, entrando con un piccolo salto nella camera.
    La prima reazione di Kim fu anche la più banale possibile. «Da... da... da quanto sei qui?» chiese, pregando che quella preoccupante semioscurità nascondesse almeno il rossore delle sue guance.
    «Di certo troppo poco.» rispose N, dirigendosi tranquillamente verso di lei. «Perché, hai fatto qualcosa che non dovrei vedere?» aggiunse con malizia, un attimo prima di rischiare di inciampare nel vestito che Kim aveva abbandonato a terra. Lo raccolse, piacevolmente sorpreso. «Oh, questo sarebbe stato interessante.» commentò, fermando momentaneamente la sua avanzata.
    Kim incrociò le braccia al petto, sulla difensiva. Il patto, pensò, sentendo la paura riemergere. Non è così che dovevano andare le cose. Sto praticamente perdendo a tavolino. Serrò ancora di più le braccia, cercando di contenere il nervosismo. Non voglio. Non è giusto.
    «Sai, la gente normale entra dalla porta, di solito.» disse, ostentando una sicurezza che non aveva. «Anche se sembra un’abitudine che non avete né tu né i tuoi pokémon.»
    «Ah, già.» disse N, rigirandosi tra le mani il vestito, come a volerlo esaminare. «Mi dispiace per l’incidente con Archeops. Gli avevo raccomandato di essere gentile, ma è ancora un po’ selvatico, che vuoi farci.»
    Devo uscire di qui. Se riesco a tornare da Lee, ho ancora una possibilità.
    «Beh, la prossima volta mandami un pokémon un po’ meno “selvatico”, grazie.» replicò, acida.
    «Come desidera, mademoiselle.» acconsentì N, nonostante sembrasse ancora molto più interessato all’abito che non alla conversazione. Poi portò la stoffa rosata al viso ed inspirò.
    Kim sentì un brivido percorrerla da capo a piedi. Forse non si trattava più solo del patto. Forse era davvero in pericolo, trovandosi da sola, in una stanza semibuia e chiusa a chiave, insieme al suo stalker personale.
    Indietreggiò.
    Con un sorriso soddisfatto, N lasciò l’abito e riprese ad avvicinarsi a lei, lentamente e con una tranquillità inquietante. «Sei nervosa, eh? Che dolce.»
    «Non vedo proprio perché dovrei esserlo.» mentì nuovamente Kim, continuando tuttavia ad allontanarsi tanto quanto lui avanzava.
    N ridacchiò. «E anche il fatto che lo neghi è così... adorabile. Sai, » aggiunse, tornando serio. «C’è una cosa buona dell’essere cresciuto con i pokémon.»
    Kim sentì il freddo della parete contro la schiena. Ma la porta, alla sua sinistra, sembrava ancora tremendamente lontana. N le si avvicinò sempre di più, fino a trovarsi a meno di un metro da lei. Kim lanciò un’occhiata alla porta, pronta a scattare verso di essa qualora si fosse reso necessario, ma N appoggiò una mano contro il muro, frapponendosi tra lei e la sua via di fuga. «Il tuo odore, il tuo respiro, il modo in cui ti muovi... tutto di te mi dice che mi temi.»
    Il rumore dei battiti del suo cuore le riempiva le orecchie, rendendole ancora più difficile pensare. Non si disturbò neanche a contraddirlo; la sua stessa voce l’avrebbe tradita. Cercò allora di schiacciarsi il più possibile contro il muro, come se avesse sperato che questo potesse inghiottirla e farla passare dall’altra parte. Ma era e rimaneva fatto di solidi mattoni, impossibili da penetrare.
    E’ troppo vicino. Troppo. Di questo passo...
    «Ma ho l’impressione che si tratti di un timore positivo.» continuò N, prendendole il mento tra pollice ed indice e costringendola a sostenere il suo sguardo. «Oserei dire che tu sia... emozionata.»
    Cazzo, no che non lo era. Aveva solo paura da morire.
    E aveva perso.
    La voce di Lee le riecheggiò nella mente, distante ed irreale. «Allora, facciamo così.» aveva detto, appena poche ore prima. «Il primo che viene toccato da N, perde.»
    Il primo che viene toccato da N.
    E lei aveva perso.

     
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  8. dee-chan
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    haha Kim anche io ogni tanto ho di questi scleri ahahaha tutti i miei pokèmon hanno nomi strani xD ma porchetta è imbattibile hahahha
     
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  9. Kimberly Anne
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    Quarto capitolo!
    So di essere una disgraziata, ma non ho voglia di formattarlo, quindi se volete leggerlo con i dovuti corsivi etc leggetelo su EFP.

    SPOILER (click to view)

    Capitolo 4
    Fuori Posto



    «Allora, mi porti a conoscere la tua cara e dolce mammina?»
    Dopo più di mezz’ora, Kim se ne stava ancora a rimuginare, cercando di dare un senso a quelle parole.
    Erano arrivate così, da un momento all’altro, inaspettate, assolutamente fuori posto. E le avevano lasciato in fondo alla gola il sapore amaro della risposta che non aveva saputo dare.
    Così, rimuginava, cercando di ignorare la nausea da movimento e il continuo chiacchiericcio di N, seduto di fronte a lei.
    Quest’ultimo aveva attualmente concentrato tutte le sue attenzioni su Lee (che ormai non si disturbava più nemmeno a sorridere e annuire) e ora sembrava intento a leggergli la mano, operazione per la quale gli si era completamente avviluppato attorno al braccio, come una specie di tenaglia. O un Laccioerboso, per metterla in termini più comprensibili a un allenatore.
    «...e dunque, misurando la distanza tra la base del palmo e la punta del dito medio, possiamo dire che sei un ragazzo molto fortunato!» ridacchiò N, con una punta di malizia.
    Lee avvampò. «C-c-che cosa stai- -? Anzi, no, non voglio saperlo. Ti dispiacerebbe soltanto lasciarmi il braccio?»
    «Ma devo ancora analizzare la linea dell’a-mo-re! Non sei curioso?»
    «Per niente.»
    Lee sprofondò nel sedile e rivolse a Kim un’occhiata supplichevole, ma lei non c’era. Fissava il paesaggio al di fuori del finestrino, cercando di ricomporre un puzzle di cui, evidentemente, non aveva tutti i pezzi.
    «Che cosa ti ha fatto?» le aveva chiesto Lee, quando l’aveva vista uscire dalla sua stanza, rossa e affannata, in compagnia di N.
    E lei aveva dovuto scuotere la testa, confusa. Perché non le aveva fatto niente. Kim si era aspettata che, maniaco patentato qual’era, N avrebbe approfittato della situazione per baciarla, o fare chissà quale porcheria delle sue, ma, proprio quando le era arrivato tanto vicino da farle temere il peggio, lui si era tirato indietro.
    E le aveva chiesto di conoscere sua madre.
    Che cosa cavolo avrebbe dovuto significare?
    «Oooh, questa sì che è bella complicata... lineare fino a qui, vedi, ma poi diventa intrecciata ed irregolare.» N fece scorrere con attenzione la punta dell’indice sul palmo di Lee. «Problemi di cuore con una signorina, forse? Oppure...»
    «Davvero: non lo voglio sapere. Perché non te la leggi da solo, la mano?»
    Kim aggrottò le sopracciglia, pensierosa.
    Doveva esserci sotto qualcosa. Per forza. N non si sarebbe mai fatto scappare un’occasione del genere, non senza motivo. Non senza la certezza di ottenere qualcosa di meglio.
    ...l’illuminazione arrivò improvvisa.
    Forse era proprio così.
    Ciò che era successo non aveva un senso, semplicemente perché non era necessario che lo avesse. Era stato un semplice pretesto per spaventarla e confonderla, farle credere di aver frainteso qualcosa. Era stata una mossa studiata e messa a punto, come al solito.
    Perché per lui era tutto un gioco. Per lui era sempre stato tutto un gioco, fatto di mosse, tattiche, infrazioni alle regole e una malsana ossessione per la vittoria.
    E questo la faceva imbestialire.
    «Anche se è complicata, però, è davvero molto lunga... quindi può darsi che, nonostante numerose delusioni d’amore, tu sia legato da sempre a un’anima gemella di cui non ti sei mai accorto...»
    «Credimi: ma anche no.» protestò Lee, il cui colorito era ormai arrivato a un’imbarazzante tonalità di rosso carminio.
    «Oh, ma che sciocchino, non è mica di me che...» N s’interruppe, improvvisamente distratto da qualcosa di più importante della mano di Lee, e si fece pallido come un cencio. «K-kim... cos’è quell’aura minacciosa...?»
    La ragazza sorrise tranquillamente, ma nessuno avrebbe potuto negare di avvertire delle oscure vibrazioni omicide provenire dalla sua direzione. «Io? Ma che sciocchezza. Sono tranquillissima.»
    Sia N che Lee deglutirono.
    «Ahia... non so come, ma l’hai proprio fatta arrabbiare.» disse Lee, con un filo di voce.
    «Ma davvero? Non l’avevo notato.» sussurrò N in risposta, sarcastico quanto a disagio.
    Kim appoggiò i gomiti sulle ginocchia e si sporse in avanti. «Quindi, N.» disse, guardandolo dritto negli occhi, mentre si soffermava sul suo nome più di quanto fosse necessario. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, qualcuno sarebbe stato in grave pericolo, lì dentro. «Che ne dici di piantarla con le idiozie e iniziare a spiegarci che cosa ci facciamo in una carrozza?»
    Sì, questa era un’altra delle cose che l’aveva sconcertata: quando era arrivato il momento di recarsi al fatidico appuntamento, una sfarzosa, elegante carrozza verde, che pareva assolutamente fuori posto all’esterno di una favola, era venuta a prenderli davanti a casa. Loro non avevano avuto altra scelta che salirci, ma tutto quel ballonzolare stava iniziando a dare allo stomaco (oltre che sui nervi) a Kim.
    N si strinse ancora di più al braccio di Lee, intimorito. «Ho pensato che sarebbe stata... carina.» squittì, in tono di scuse.
    «Carina? Non farmi ridere. E’ disgustosa.» sputò Kim, stizzita.
    Lee sembrò iniziare davvero a preoccuparsi. «Seriamente, qualunque cosa tu le abbia fatto, scusati prima che sia troppo tardi.» suggerì a N, probabilmente in pensiero per la propria incolumità. «E, soprattutto, mollami il braccio. Ancora un po’ e me lo stacchi, non mi sento più le dita!»
    «Ma mi fa paura!»
    «Avete finito di confabulare, voi due?»
    «Sì! Certo!» esclamarono entrambi, scattando sull’attenti.
    «Bene. Seconda domanda: dove accidenti stiamo andando?»
    N sorrise, sempre più pallido. «Beh, questo però non posso dirvelo... dovrebbe essere una sorpresa...»
    Ignorando i frequenti sobbalzi della carrozza, Kim si alzò in piedi. «Dove. Stiamo. Andando.» ripeté, facendo schioccare una nocca del pugno chiuso a ogni parola.
    N sembrò sul punto di scoppiare a piangere e vuotare il sacco, ma, proprio in quel momento, la carrozza frenò bruscamente e si fermò.
    Colta alla sprovvista, Kim perse l’equilibrio e cadde in avanti, andando a cozzare dritta contro la parete della carrozza, per poi ricadere all’indietro per il contraccolpo.
    Gli Zebstrika che tiravano il cocchio nitrirono e scalpitarono, e Kim si ritrovò con dei grossi lucciconi negli occhi.
    «Ahia...» gemette, portandosi una mano alla fronte. Sbatté le palpebre un paio di volte, ma la sua vista si fece man mano più offuscata.
    «Kim? Ehi, Kim, tutto bene?»
    «Accidenti, non è ma andata molto d’accordo con le testate, lei... ha il cranio sottile...»
    «Dobbiamo trovare del ghiaccio o qualcosa del genere. Kim! Mi senti?»
    Non proprio, pensò Kim, confusa. Considerando che non capisco neanche più chi stia parlando.
    «Figurati, ormai è partita per il mondo dei sogni. Da piccola le succedeva sempre, dobbiamo solo...»
    Il buio e la sensazione di ovattamento che precedevano lo svenimento l’accolsero come un morbido cuscino. Si lasciò andare.

    ********

    Quando riprese conoscenza, intorno a lei c’era un gran vociare e decisamente troppa, troppa luce. Richiuse immediatamente gli occhi, confusa e irritata.
    «Poverina, sembra che uno Zebstrika le abbia dato una zoccolata in faccia...» stava dicendo una concitata voce femminile, poco lontano.
    «A me hanno detto che è stata un’Energipalla delle più grosse mai viste, che l’ha sbalzata lontaaaaaana così!» obiettò un’altra, più infantile ed eccitata.
    «Io sapevo di una carrozza che si è capottata a causa del passaggio di un branco di Deerling selvatici...» s’inserì qualcun altro, forse un ragazzo.
    «Dovete lasciarle aria!»
    «Secondo me basterebbe un piccolo Invertivolt a farla riprendere...»
    Quelle voci le erano familiari... tutte incredibilmente familiari... ma fu qualcos’altro a farle realizzare chi aveva intorno.
    «E tu cosa ne pensi?» chiese una voce roca e un po’ burbera. «Non sembra niente di particolarmente grave, ma forse del ghiaccio potrebbe essere utile... no?»
    «...»
    Un silenzio.
    «Silvestro?» biascicò Kim, riaprendo finalmente gli occhi.
    Undici paia di pupille si fissarono allora su di lei.
    Esatto, proprio loro: i capipalestra di Unima.
    Kim provò l’irresistibile impulso di prendere un’altra botta in testa e perdere di nuovo conoscenza.
    Non ha senso, pensò, frustrata. Non c’è una sola cosa che abbia il minimo senso, stasera!
    Mentre si sollevava una nuova ondata di chiacchiericcio («Oh, guardate, si è ripresa!», «Forse dovremmo chiamare i suoi amici...»), Kim provò a fatica a fare il punto della situazione.
    Era svenuta. Quando era successo, era ancora in quell’orrenda carrozza verde. Insieme a N e Lee. Si stavano recando al luogo dell’appuntamento, o quello che era.
    Quindi: cosa c’entravano i capipalestra in tutto questo?
    Una manina scura le sventolò davanti alla faccia.
    «Ehi, ehi, Kim! E’ davvero taaaaanto tempo che non ci vediamo!»
    La ragazza si raddrizzò, combattendo con la confusione che le vorticava in testa, e si mise a sedere. «Sì, sì, Iris... un sacco di tempo. Però cerca di stare un po’ calmina, eh?»
    La più giovane dei capipalestra le rivolse uno smagliante sorriso a trentadue denti. «Ma sono così contenta! Non passi quasi mai a trovarci...»
    Chissà perché. commentò Kim, mentalmente.
    Non aveva mai amato particolarmente i capipalestra della sua Regione: tra stupidi, incapaci, deboli e complessati, molti li aveva archiviati come meri incidenti di percorso, sulla sua strada per diventare Campionessa della Lega.
    E poi, in fondo, anche loro non avevano mai dimostrato particolare benevolenza nei suoi confronti: l’avevano sempre accolta come una seccatura, la ragazzina a cui “oh, accidenti!” dovevano consegnare la loro medaglia. E anche adesso, una volta constatato che era viva e parlava, se ne erano tornati tutti tranquillamente a farsi gli affari loro.
    «Allooooora, dov’è il tuo vestito? Dov’è?»
    Beh, a parte quell’esagitata di Iris.
    «Vestito?»
    «Sì, il vestito! Guarda, anche a me il nonno ne ha comprato uno bellissimo!» esultò la bambina, facendo una giravolta.
    Solo allora Kim ebbe il buon senso di guardarsi intorno.
    Era seduta su un divano rosa antico, di stile ottocentesco.
    Il soffitto era alto, altissimo, e l’illuminazione proveniva da degli enormi lampadari di cristallo.
    Tutti intorno a lei erano vestiti a festa, con degli abiti degni di un ballo di gala.
    Nell’aria si diffondeva la melodia lenta e dolce di un’orchestra.
    «Iris...» disse Kim, esitante. «Senti... sai dirmi dove siamo?»
    «Ma certamente!» esclamò lei. «Siamo nel...»
    «Nel Castello del Team Plasma, rimesso a nuovo per l’occasione.» la interruppe qualcuno, facendosi strada in mezzo al gruppo di capipalestra.
    Kim sbarrò gli occhi, esterrefatta.
    Pian piano, tutti i nodi stavano venendo al pettine. Mancava ancora qualcosa, un pezzo fondamentale di quel puzzle insolubile, ma ogni frammento d’insensatezza stava volgendo verso una sola spiegazione: quello non era un appuntamento. Non lo era mai stato. Era qualcosa di molto, molto più grande e spaventoso. E lei c’era cascata come un idiota.
    «Perché, per caso non ti piace?» chiese N, con quel sorriso particolare di chi è assai compiaciuto di se stesso. «E’ tutto in tuo onore, in fondo.»
    Kim si sentì sprofondare, vittima della sua stessa stupidità. Solo tre parole dominavano la sua mente, ormai:
    «Oh, porca vacca.»

    ********

    «Siamo stati fregati.»
    «Completamente.»
    «Su tutta la linea.»
    «Raggirati, senza alcuno scrupolo.»
    «Crudelmente.»
    «Atrocemente.»
    «Assolutamente.»
    «Sto iniziando ad esaurire la mia scorta di sinonimi.»
    Kim rivolse lo sguardo a Lee. «Che cosa ci succederà?» chiese, con una nota di disperazione nella voce.
    Lui le mise una mano sulla spalla e la guardò dritta negli occhi, serio. «Non ne ho la minima idea. Ma, se sono servite tutte queste macchinazioni a portarci qui, immagino che non possiamo aspettarci niente di bello.»
    «E allora che facciamo?»
    «Aspettiamo.»
    «Sì, ma p- »
    «Punch?»
    I due sobbalzarono per la sorpresa, quando N s’intromise nella conversazione con due calici di liquido rosso chiaro.
    «Non accetto offerte dagli sconosciuti.» gli rispose Kim, gelida.
    N arricciò le labbra, deluso. «Come sei crudele. Ormai ci conosciamo da secoli... e tu, Lee?»
    Il ragazzo sorrise ed accettò l’offerta, per la felicità di N, che tornò giocondo ad intrattenere gli altri ospiti.
    Kim gli lanciò un’occhiata sottecchi. «Non dovresti bere. Specialmente stasera.»
    «Io, a differenza di qualcuno che si atteggia tanto, reggo bene l’alcool. Non preoccuparti.»
    «Non importa, mi preoccupo lo stesso. E poi, metti caso che N ci abbia mischiato qualcosa dentro... la cosa non ti tocca minimamente?»
    «Nah, l’obiettivo di N di oggi sembra qualcosa di superiore. Non credo abbia intenzione di drogarci e violentarci nel sonno.»
    Kim gonfiò una guancia e si appoggiò al muro, scocciata. «Scemo.» borbottò.
    In effetti, fino a quel momento la festa (o ballo di gala o cerimonia o appuntamento che dir si voglia) si era svolta in modo piuttosto tranquillo. L’orchestra suonava, la gente ballava, chiacchierava, mangiava... si divertiva. Un sacco di volti le erano noti: oltre ai capipalestra, erano presenti anche moltissimi allenatori, esponenti del mondo della Ricerca sui Pokémon, membri dell’ex Team Plasma e addirittura gli stessi Superquattro, che Kim era stata attentissima ad evitare fin da quando li aveva adocchiati.
    Ciò che più la preoccupava, tuttavia, era il piccolo palco allestito in fondo alla sala, che finora era rimasto vuoto e buio. Qualcosa le diceva che non avrebbe portato a nulla di buono.
    «C’è davvero mezza Unima, qui dentro.» commentò Lee, sorseggiando il suo punch.
    «Anche di più. Ma ho l’impressione che manchi qualcuno... qualcuno di importante, intendo.»
    «Beh, Dio non voglia che Ghecis spunti fuori a metà serata.»
    «Per carità! No, piuttosto, non mi sembra di avere visto in giro... no, anzi, lascia perdere. Meglio non dirlo ad alta voce, per scaramanzia.»
    «Ah, lei? Hai ragione, meglio non nominarla nemmeno.»
    «Lei? In realtà, io mi riferivo a un “lui”...»
    La conversazione fu interrotta dal fastidiosissimo fischio di un microfono, che zittì tutti i presenti e richiamò l’attenzione sul palco in fondo alla sala.
    «Uno, due, prova...» N si schiarì la voce e batté un paio di volte sul microfono. «Bene. Buona sera a tutti, signore e signori! Vi ringrazio per essere intervenuti a questa serata speciale.»
    Kim storse il naso. «Spero solo che non annunci il matrimonio con uno di noi due, perché questa volta lo pesto sul serio.»
    Lee ridacchiò, ma probabilmente fu solo per scacciare il crescente nervosismo. «Ho come l’impressione che ci andrebbe anche bene, se si trattasse solo di questo.»
    «Tanto per cominciare, lasciate che vi racconti una storia.» continuò N, sfoderando un piacevole tono da narratore. Le luci nella sala si abbassarono, lasciando solo un riflettore puntato su di lui. «C’erano una volta, al principio dei tempi, tre bambini e tre pokémon Drago, che vivevano nell’armonia della natura. Nonostante fossero tutti e sei molto amici, avevano modi di vedere il mondo diversi tra loro, così ogni bambino finì per stringere un legame speciale con uno dei pokémon. In particolare, una coppia perseguiva gli ideali; un’altra, la giustizia. Lo scontro fra le due, come tutti ricorderete, fu inevitabile. Nessuno voleva ammettere di essere in torto, così chiesero un’opinione al terzo bambino. O, per meglio dire, la terza bambina, dato che si trattava dell’unica femmina del gruppo.» N fece una pausa, sorrise al pubblico e poi riprese: «Lei non perseguiva né la giustizia né gli ideali: era una creatura mite e gentile, il cui unico interesse era vivere in pace con i suoi amici. Disse loro che la ragione non stava da nessuna delle due parti e che non aveva senso litigare a causa di una semplice divergenza di pensiero. Ma essi, accecati dall’orgoglio e dal desiderio di prevalere l’uno sull’altro, non ne vollero sapere di riappacificarsi. E quell’epico litigio finì come tutti sappiamo.
    «La bambina e il suo pokémon rimasero amareggiate da ciò che era avvenuto e decisero che niente del genere sarebbe più dovuto succedere. Così, lanciarono una maledizione.»
    La sala d’un tratto parve gelare. Alcuni iniziarono a bisbigliare, agitati.
    «Non promette nulla di buono...» sussurrò Lee, con un velo di preoccupazione. «E non ti sembra parecchio diversa dalla leggenda classica di Zekrom e Reshiram?»
    Kim annuì. «Qualcosa non va. Non mi piace.»
    «La maledizione diceva che, se mai i due pokémon che avevano causato tanta distruzione fossero tornati alla loro forma originale, una terribile catastrofe si sarebbe abbattuta sull’intera regione di Unima. Una catastrofe a cui nemmeno i leggendari pokémon Drago sarebbero sopravvissuti.
    «Dopodiché, come prezzo in cambio quella maledizione, le due si tramutarono in una pietra nera come la più profonda oscurità, a simboleggiare lo strazio e la delusione che le avevano portate a compiere quel gesto tremendo.»
    A quel punto, il pubblico parve davvero agitarsi. Il volume delle voci si alzò, molti iniziarono a correre da una parte all’altra della sala per conferire coi conoscenti, causando una confusione generale.
    «Che cosa significa?»
    «Ma Zekrom e Reshiram si sono risvegliati...»
    «Non ho mai sentito una leggenda del genere!»
    «Moriremo tutti?»
    N batté un dito sul microfono, producendo di nuovo un irritante fischio che ebbe il potere di zittire tutti. «Calma, signori, calma.» disse, mantenendo un amabile sorriso. «Vi prego di lasciarmi concludere il racconto. Ovviamente, la maledizione lascia una via di scampo. La bambina e il suo pokémon Drago avevano caro il valore dell’amicizia, perciò decisero che se tre Eroi, come lo erano stati loro, avessero trovato la Pietra Nera, Unima sarebbe stata salva.»
    Alcuni sospirarono di sollievo, ma molti altri sembravano ancora dubbiosi.
    Kim rabbrividì e strinse le braccia al petto, nervosa. «I nodi vengono al pettine.» disse, più a se stessa che altro. «Tutti i nodi vengono al pettine... ecco perché N è arrivato a ricattarci, pur di trascinarci qui. Ecco perché oggi non sembrava interessato ad approfittarsi di noi, non più di tanto.»
    «“Ecco perché Nardo sta salendo sul palco”?» aggiunse Lee, con una nota di panico nella voce.
    Kim sbarrò gli occhi, sorpresa. Era vero. Dopo aver detto qualcosa sul non essere adatto a continuare il discorso, N stava ora cedendo il microfono al Campione della Lega Pokémon di Unima.
    «Ecco, lo sapevo che non poteva non esserci anche lui.» sospirò Kim, abbattuta. «E ho come l’impressione di sapere già cosa sta per dire. Siamo morti.»
    «Concordo e sottoscrivo.» confermò Lee.
    «Signore e signori.» incominciò Nardo, che con i suoi capelli infuocati pareva minacciare di appiccare un incendio da cui nessuno sarebbe uscito vivo. «Vi prego di rimanere sereni. Perché, come ben saprete, Unima ha già da tempo scelto i suoi tre eroi. Tre figure che sono spiccate per talento, audacia, forza, tenacia...»
    «...abilità a Ragnarok Online...» gli fece il verso Kim, alzando gli occhi al cielo.
    «...ma soprattutto gentilezza, buon cuore e correttezza. Tre eroi che abbiamo l’onore di ospitare qui, stasera. Chiedo un caloroso applauso per accogliere...»
    «Ed, Edd e Eddy?» suggerì Lee, quasi speranzoso.
    «Leeroy McFaid, Kimberly Anne Stewart e N Harmonia!»
     
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  10. Kimberly Anne
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    Sono secoli che non aggiorno! o__o"
    E, nel frattempo, sono usciti altri tre capitoli~

    Capitolo 5
    Capitolo 6
    Capitolo 7
     
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  11. ¬Luna
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    *Sbava* Kim ma questa FF è meravigliosa! *ç* Poi la parte dove Kim dà una testata ad N è meravigliosa. xDD
    Kim dovette ricorrere a tutta la sua forza di volontà, o forse a una riserva nascosta di adrenalina, per costringere le sue gambe a non cedere, mentre N cadde a terra, completamente steso dal colpo. Anche se, con tutta probabilità, era stata la botta morale a stenderlo, più che quella fisica.
    LOL Ti adoro!
     
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  12. Kimberly Anne
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    Grazie >///<
     
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  13. Kimberly Anne
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    Capitoli 8 e 9! (perché li ho pubblicati nel giro di una settimana e non avevo voglia di aggiornare =o= Sono pigra.)

    Capitolo 8
    Capitolo 9
     
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  14. Kimberly Anne
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    La mia pigrizia è ormai proverbiale, ma ho aggiunto l'indice dei capitoli nel post iniziale e aggiornato col capitolo 10!
     
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  15. Kimberly Anne
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    Aggiornato col capitolo 11~
     
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14 replies since 1/4/2011, 13:12   209 views
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