La ragazza Verdeacqua intrisa nel rossosangue

Splatter/scolastico :Q__

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  1. (Giù;BAKA!
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    Scendemmo dall’autobus numero 23 alla nostra solita fermata sul ponte.
    Non feci tempo ad aprir bocca che iniziò lei.
    «Ehi, Sam. Tu hai mai conosciuto l’amore?» disse salendo sulla muretta del ponte.
    Scossi il capo malgrado alle medie avessi avuto diverse storie, ma sempre di poco conto.
    «Eh? Ma se sei anche un bel ragazzo!»
    Mi mise in imbarazzo. Nonostante lo dicessero in molte detto da lei era veramente tutta un’altra cosa.
    «E tu? Te la sei spassata con Rio, eh?» controbattei.
    Si bloccò d’un tratto.
    Le ciocche di capelli ondeggiare a “ritmo” col vento e gli occhi sbarrati «Come fai …»
    Indietreggiai. Le braccia e le gambe mi tremavano: che sensazione stupenda.
    «Come fai a sapere di Rio?!» sbraitò lei.
    Cercai di calmarla «Annabel mi aveva accennato qualcosa …»
    Fissò il suolo quasi sotto di lei ci fosse il vuoto.
    «Ah, Capisco.» continuò lei «Sempre la solita pettegola. Non è per niente cambiata.»
    Si accovacciò per poi sedersi, nascondendo il viso fra i capelli.
    Allora era vero: Annabel e lei si erano veramente conosciute prima.
    Rio non era un invenzione. Era vero.
    Volevo sapere di più. Del legame che c’era stato fra di loro, di lui, di lei: di tutto.
    Fortunatamente fu lei a parlarne. Mi risparmiò la profonda e straziante fatica di porle qualche domanda sulla questione.
    «Io e Rio ci siamo amati, ma dopotutto come poteva essere una normale relazione? Io una comune fidanzata? Vuoi scherzare?»
    Ah, allora lo sapeva. Sapeva di essere una bestia.
    Lo disse quasi con tristezza. Ebbi sempre come la sensazione che Mizuko avrebbe voluto nascere ed essere come una qualsiasi liceale della sua età.
    Intrappolata nel suo stesso “gioco”, nelle sue stesse catene.
    Potevo io rendere quell’uccellino finalmente libero? Mi illusi di questo.
    «Mi avvicinai a lui come feci con te.» continuò la giapponese «Legati da un vincolo di sangue. Ormai era in trappola.»
    Gettò lo sguardo verso di me cercando sostegno nelle sue parole.
    «Lui non fu mai d’accordo. Odiava il “gioco”, odiava il sangue … Odiava me.»
    Mi piombò addosso stringendomi forte, col viso appiccato alla mia bianca camicia.
    «Malgrado ciò lui tentò sempre di portarmi fuori da tutto questo.»
    Sentii del “bagnato”. Sebbene non la vedessi in viso le sue lacrime sgorgavano senza sosta mentre cercava di parlare interrotta dal suo stesso singhiozzare.
    «Mi tengo aggrappata e mi dimeno ruotando la mia stessa esistenza sospesa su questo mare di sangue. Per lui sarei anche riuscita ad uccidere. Uccidere la parte di me stessa che lui odiava.»

    Non parlammo più di Rio. Sentivo che quell’argomento l’avrebbe solamente scossa.
    Sembrava veramente traumatizzata da quell’esperienza.
    Perché allora? Perché l’aveva ucciso? Anche questa volta Mizuko ebbe preferito la vita di altri al posto della sua? Ammazzare con le proprie mani la persona amata doveva essere veramente ancora uno di quei grandi fardelli che la giovanissima ragazza doveva portarsi dietro. Quanto ancora avrebbe dovuto portare dentro di sé tutte quelle sofferenze?

    Passarono diversi giorni prima che la situazione, fin’ora invariata, cambiasse.
    Le mie conversazioni con Mizuko entro quell’arco di tempo non furono così interessanti nemmeno da ricordarle. La bestia era ancora addormentata aspettando il momento opportuno in cui avrebbe potuto divorare la preda. Quale sarebbe stato il prossimo giovane agnellino a morire per i suoi capricci?
    Quel giorno Cyndi non aveva una brutta cera: aveva gli occhi arrossati e ancora non aveva aperto bocca sul suo amato. Le pedine sulla scacchiera cominciarono nuovamente a muoversi.
    Quando Bridgette truccata insolitamente più del solito entrò in classe fu rapidamente tutto più chiaro.
    Inutile farsi domande su chi poteva essere quel bel ragazzo dai capelli rossi che la teneva per un fianco.
    Nonostante tutti li fissassero loro indisturbati facevano i loro comodi: si sbaciucchiarono per un paio di minuti. La pausa pranzo era quasi appena iniziata e la campanella era ben lontana dal suonare.
    L’unica il cui sguardo era rivolto altrove era Cyndi. Era in lacrime sebbene si nascondesse il viso fra le mani.
    Stetti quasi per intervenire quando la minuta ragazza si alzò da sola e corse rapidamente fuori dall’aula.
    «Oh? La piccola è scappata? Mi fa una tenerezza.» disse Bridgette distogliendo per pochi istanti le sue labbra da quelle del ragazzo.
    Prima che nuovamente potessi dire qualcosa si intromise la persona da cui meno mi sarei aspettata una simile reazione.
    «Che pena … Sei proprio una puttana come dicono in molti.»
    Mizuko fu chiara e concisa. Detto questo uscì anch’essa dall’aula sollevando il silenzio in classe.
    Molte delle ragazze sicuramente avrebbero voluto dire una cosa del genere, ma tutte se ne stettero in silenzio comprese le care amiche di Cyndi.
    Seguii la giapponese. Non avevo nemmeno io intenzione di continuare a guardare uno spettacolo così raccapricciante.
    Mizuko stava parlando a quattrocchi con Cyndi. Per un momento credetti il peggio quando quella spaventosa ragazza prese per il mento quella piccola figura indifesa. Lei scoppiò a piangere in modo ancora più forte ma non ci fu altro. Doveva essere stato proprio un discorsone. Che Mizuko avesse tentato di consolarla?
    No. Non era di certo così, ma mi illusi nuovamente di pensarlo.
    La bestia azzurra tornò da me dopo poco lasciando Cyndi al suo pianto.
    «Beh che c’è da guardare?» chiese lei.
    «Ah. Niente. Mi hai sorpresa prima. Non ti credevo così coraggiosa. Hai aiutato quella ragazzina … dopotutto non sei così una cattiva persona!» scherzai ironizzando sulla cosa.
    Lei sorrise «Stupido! Mica l’ho fatto per lei.»
    Di tutte questa era la risposta che meno volevo sentire.
    Fece così crollare tutti i miei decorosi discorsi in suo favore.
    Lo sapevo che non era altro che il demonio. Che tutto quello che faceva non era altro che una preparazione, come un servo che lucida le pedine di legno prima di una partita o che mescola le carte prima d’essere giocate.
    «Beh! Ti vedo poco sveglio.» mi sussurrò da vicino «Vedi di tenerti pronto per domani.»
    Si allontanò guardando verso di me con i capelli che le ondeggiavano sulla schiena prima a destra e poi a sinistra.
    «Ti aspetto in infermeria. Alle sette e ventitre. Hai una notte per prepararti!»
    Prima che se ne andasse le chiesi dove si stesse dirigendo.
    «Non mi sento bene. Vado a casa.»
    Rise e proseguì scomparendo dietro l’angolo del corridoio.
    Feci per andare verso il bagno quando mi ricordai di Cyndi. Era ancora lì a piangere.
    Ah, quante rogne portava quello sciocco amore di cui noi adolescenti siamo innamorati.
    Le sensazioni di malessere causate proprio da quello. Non importava quanto la relazione effettivamente durasse, un mese, due anni … Ma sì. A chi importava poi? Tanto finiva.

    Mi sentii morire quando cercai su internet cose come “adolescenti morti per amore” o “morire per amore – giovani”. C’era tanta di quella gente malata. Persone morte dopo aver assunto alcolici facendo un incidente nella macchina del fidanzato o in moto, ragazze e ragazzi che si suicidano dopo essere stati piantati o dopo aver commesso un errore secondo la loro misera esistenza “irreparabile”. Dai commenti di certa gente lasciati su siti sotto l’occhio di tutti compresi che forse questa malattia stava incominciando a invadere le mie vene. Perché Mizuko cominciava a farsi strada dentro di me? Quando mi accorsi che non c’era alcun vaccino se non la morte sprofondai. Quand’era iniziato tutto questo? Da quando la pensavo sotto occhi diversi?
    Un mostro intrappolato nel suo stesso passato. Che mi piaceva di lei?
    Il fatto che era carina? No. Quel suo sguardo spaventoso, quelle sue manie omicide, quel suo continuo attaccamento al sangue: che c’era di meglio?
    Non capii più nulla. Iniziai a sudare e sentivo qualcosa esplodermi dentro.
    Tolsi la camicia con forza, strappando i bottoni, cominciando a scavare nel petto con le unghie.
    Il cuore non sembrava voler rallentare, un giramento di testa: vomitai.
     
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    Potevo io rendere quell’uccellino finalmente libero? Mi illusi di questo.

    Tu non puoi. Tu DEVI. Altrimenti io ammazzo qualcuno *ogni rifirimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale*
    CITAZIONE
    «Ah. Niente. Mi hai sorpresa prima. Non ti credevo così coraggiosa. Hai aiutato quella ragazzina … dopotutto non sei così una cattiva persona!» scherzai ironizzando sulla cosa.
    Lei sorrise «Stupido! Mica l’ho fatto per lei.»

    LOOOOOOL, come smontare una persona ahahah

    Btw, che finale raccapricciante D: Vogliamo il seguito :gurù:
     
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  3. hina`6918
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    ** cosa succederà 'domani'?
     
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  4. (Giù;BAKA!
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    La mattina seguente in classe non si fecero vive né Mizuko né Cyndi tantoché me ne preoccupai.
    Quella ragazzina soffriva già di suo perché la giapponese avrebbe dovuto tormentarla?
    Effettivamente non aveva senso: è più divertente se la piccola preda soffre più a lungo.
    Mi misi un palmo fra la fronte. Con che cosa ragionavo? Stavo diventando come lei.
    In preda all’ansia e agitazione nelle successive cinque ore feci fuori a morsi le unghie arrivando persino a strappare la pelle attorno.
    Ah, sangue. Com’è rosso … Una curiosa gocciolina percorse tutto il pollice della mano sinistra per tutta la sua lunghezza. La assaggiai: dolce.
    Quando mi accorsi che in realtà stavo leccando come un ossesso quel liquido sul mio dito quasi volessi ne uscisse ancora, era troppo tardi: una ragazzina alquanto bizzarra mi stava fissando con interesse.
    Marisa Mitchell, capelli rosso fuoco presumibilmente tinti e gli occhi colorati dalle arancionicce lenti e la carnagione sul chiaro. Era un po’ cicciottella; i suoi genitori erano dei pasticceri famosi.
    Tirò fuori la lingua e fece finta di avvicinarle alle dita. Mi stava prendendo in giro.
    Sbuffai e mi girai verso la finestra. Farsi pigliare per il culo in quel modo: che preso male che ero.
    Marisa se non sbaglio doveva essere abbastanza in confidenza con Cyndi, pensai.
    Anche se il giorno prima l’unica a sorreggerla era stata Mizuko … Chissà magari proprio ora la bestia azzurra la stava ammazzando con dei coltelli nella cucina della scuola mettendo la sua carne fra il polpettone di oggi o versandole dell’acido su tutto il corpo nell’aula di chimica rendendo il suo cadavere quasi irriconoscibile.
    Dio mio che pensieri spaventosi. Picchiai la testa contro il vetro, mi girai: Marisa mi stava fissando ancora.
    Quella volta rise addirittura di me. Se sapesse cosa stessi in quel momento pensando non avrebbe poi riso così tanto ma lasciai correre.

    Durante la pausa pranzo stetti tutto il tempo a fissare quel triste polpettone torturandolo con la forchetta ma quando mi ritornò in mente quel pensiero mi venne un improvvisa voglia di assaporarne il gusto con voracità. La ragazza dai codini rossi si avvicinò a me. Che voleva? Stavo mangiando, era cieca? Pussa via rompiballe.
    «Hey!» disse lei.
    Finì l’ultimo mio pezzo di carne e mi pulii accuratamente la bocca con il tovagliolo.
    «Che vuoi?»
    Lei rise «Ecco! Senti sei amico di … hum … M-Mizuko?»
    Ormai perché mentire? Ovvio che sì.
    Annuì senza pensarci due volte.
    «Allora, io e Salome volevamo ringraziarla.» disse indicando la ragazza dietro di sé.
    Un’altra di classe nostra: alta, lentiggini con un cerotto sul naso.
    Non sapevo altro di lei. Ero un ragazzo anche io: non provavo interesse per le persone da una faccia talmente scarna e priva di senso. Anche il suo nome era alquanto orribile.
    «Abbiamo pensato di dirlo a te perché glielo riferissi.» riprese lei.
    Solo per questo? Un mucchio di cazzate: avevano solo paura di parlare faccia a faccia con Mizuko.
    «Ci siamo comportate molto da codarde l’ultima volta con Bridgette … Ma lei nonostante la conoscesse poco l’ha difesa, ha difeso la nostra amica Cyndi. Quindi beh, un grazie è il minimo!»
    Ah. Allora se ne rendevano conto. Amiche … solo nei momenti opportuni eh?
    In realtà anche voi la odiavate quando parlava solo del figo con cui si era fidanzata, che false.
    «Lo farò.» risposi con poca convinzione.
    Se ne andarono e finalmente potei concludere in pace quel mio solitario pranzo attendendo con impazienza le sette e ventitre.

    Sette e quindici. Non ce la feci ad aspettare un solo minuto di più. Piombai in infermeria pieno di agitazione e affanno. Lei era lì. Seduta su quella sedia vestita in camice bianco.
    «Sei in anticipo.» disse Mizuko scostandosi gli occhiali dalle finte lenti dal viso.
    «Che significa tutto questo?» domandai con timore.
    «Non lo vedi? Stavo per “giocare” assieme a Bridgette.»
    La ragazza ancora viva con alla bocca un bavaglio legata al letto con le sue stesse lenzuola.
    Quella stanza pareva di colpo così piccola. Oltre a noi tre non vi era nessun altro.
    «Avrei voluto arrivassi più tardi …» continuò Mizuko «Beh, che importa. Vorrà dire che assisterai alla deliziosa scenetta.»
    «Che hai intenzione di fare?!» sbraitai.
    Lo sapevo, lo sapevo benissimo. Fra pochi minuti ci sarebbe stato altro sangue. Non vedevo l’ora.
    «Sta zitto e guarda. Non muovere un muscolo e altrimenti ucciderò pure te. Capito, caro “Perdonatore”?»
    Mi accasciai al suolo strascicandomi sul freddo muro. Ah, la faccia di Mizuko in quel momento era davvero bella. Lo sguardo dei suoi azzurri occhi che si imponeva con forza nel mio. Nonostante anch’io avessi delle gemme verdi nel viso non erano nulla in confronto ai suoi zaffiri.
    Raggiunse Bridgette facendosi strada piano paino su di quel letto.
    «Come sta la nostra paziente di oggi?» disse la giapponese avvicinando lo stetoscopio verso la biondina.
    Lei si limitò a cercare di divincolarsi. Tutto inutile: era in trappola.
    «Oh! Come ti batte forte il cuore.» riprese Mizuko «Tranquilla, ti aiuterò a farlo rallentare.»
    Improvvisamente la bestia azzurra cominciò a premere il cilindretto di quell’arnese sempre più forte sul petto della ragazza.
    Avrebbe sicuramente urlato quando al momento erano udibili solo dei gemiti soffocati dal curioso bavaglio a righe.
    «Sta calma fra poco non farà più male.»
    Sulla faccia di Mizuko si accese un’espressione sadica e raccapricciante quando dal petto della zoccola iniziò ad uscire del sangue.
    Immaginai la situazione nel mio cervello: per arrivare a far sanguinare una persona in un modo simile si necessitava di una forza disumana. C’era qualcosa di veramente umano in quel mostro?
    Strinsi con forza i miei neri capelli quasi strappandoli. Nella stanza si accese una risata terrificante.
    Non era solo Mizuko: anche io non ce la facevo a trattenermi.
    Quanto era bello fargliela pagare a quella puttana senza cuore.
    «Assistente!» disse il demonio rivolgendosi a me «Bisturi e pinzette!»
    Mi alzai barcollando sulle gambe che sembravano non voler smettere di tremare.
    Le presi dal cassetto del bancone e gliele passai con chissà che terrificante espressione in volto.
    Gli occhi completamente in preda al panico di Bridgette erano il massimo. Quando iniziarono pure a scenderle pure le lacrime sul viso mi sentii completamente pervaso da un senso di pura e amara soddisfazione.
    Inutile era ormai fermarsi ora. Passai gli ultimi violenti minuti ad osservare il camice di Mizuko riempirsi di sangue. Iniziò aprendole l’avambraccio sinistro, poi quello destro e così fece con tutto il resto del lussurioso corpo dell’americana. Completamente aperta era ancora più attraente di quanto non lo fosse mai stata assieme alla sua corta gonna. Quando Mizuko si stancò di “operare” la sua paziente quest’ultima giaceva senza vita con gli occhi spenti ancora spalancati.
    «Uff! E’ già finita?» disse la dottoressa sanguinaria «Che peccato. Era divertente. Beh, risposa in pace puttana.»
    Mi tolse le parole di bocca.
    «Andiamocene.» concluse lei sfilandosi il camice impregnato da quel colore nerastro.

    Anche stavolta ebbi i miei dubbi su come l’avrebbe scampata, ma lei mi disse che non avrei dovuto preoccuparmi di questo. Era terrificante stare solo su quell’autobus assieme a lei.
    Poco fa aveva squartato una ragazza davanti ai miei occhi eppure io ero lì calmo, accanto a lei.
    Ripensai alla sua favolosa espressione di qualche mezz’ora fa e rabbrividii.
    Cosa aveva appena fatto questa bestia? Un momento: non era giusto attribuirle tutte le colpe.
    Anche io ero un mostro. Nemmeno per un istante avevo cercato di fermala, anzi: mi ero reso partecipe a tal punto che in cella ci sarei potuto finire anch’io.
    La guardai, mi bastarono pochi secondi per pensare a quanto fosse bella.
    «Che c’è?» sorrise lei.
    Distolsi lo sguardo fissando il soffitto del mezzo.
    «N-Nulla.» risposi.
    Mizuko si avvicinò e strofinò l’indice sulla mia guancia umida, mostrandomi successivamente l’arto macchiato.
    «Eri sporco.» disse lei sbattendo paino le ciglia.
    Era Sangue.
    Si portò il dito alle labbra e lo assaggiò, quel lurido sangue di quella lurida persona.
    «Ah! Amaro. Disgustoso.» esclamò con aria ributtante.
    Rifletté per un attimo. Cercai quasi di immaginare cosa le balzasse nella mente.
    «Penso veramente che questo liquido rossastro sia realmente il nostro specchio dell’anima, anche se il sangue dolce non rappresenta quello di una persona completamente pulita. Una persona senza peccati non esiste. Il sangue insapore non esiste. Anche il dolce è pura lussuria. Siamo tutti macchiati.»

    Ah, quanto erano sublimi le sue parole. Qualsiasi cosa le uscisse di bocca era veramente cibo per le mie orecchie. Ci salutammo sul solito ponte ma prima mi ricordai della ragazza rossa.
    «Mizuko! Aspetta un secondo!»
    Le corsi dietro sforzandomi tanto da respirare affannosamente.
    «Marisa e un’altra stramba tipa, amiche di Cyndi mi hanno chiesto di chiederti di rigraziarti per quello che avevi fatto per lei.»
    Lei scoppio a ridere. Davanti a me, scoppio a ridere.
    Non era follia, rideva come una qualunque persona avrebbe fatto nel sentire quelle parole.
    «Lo sai, no? Non l’ho fatto per Cyndi. Di quella ragazza non me ne può fregare di meno.»
    Lo sapevo, già lo sapevo. Per cosa Mizuko avrebbe potuto reagire in quel modo se non per appagare sé stessa?
    «Quella Marisa e la ragazza lentigginosa sono veramente uno spasso.» disse senza la minima intenzione di volersi calmare.
    «Anche di me non te ne frega un accidente, eh?» dissi sottovoce.
    «Cosa?»
    «No, niente.» sorrisi io «Ci vediamo!»
    Mi allontanai solo di pochi passi quando mi sentii tirare da dietro.
    «Con te è diverso.» sussurrò lei mordicchiandomi il lobo dell’orecchio.
    «Beh! A domani!» concluse imprimendo con forza le sue labbra sulla mia guancia.
    Potei sentire chiaramente il segno del suo lucidalabbra alla pesca sulla pelle.
    Quel giorno andai a letto senza lavarmi il viso.
     
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    Io credo di amarti.. disse Misaki a Usagi-san LOL
    Che schifo, ad un certo punto mi stava venendo da vomitare, cerca di descrivere le scene cruente in modo poco realistico così non mi sento male a leggerle, d'accordo? D:
    CITAZIONE
    «Con te è diverso.» sussurrò lei mordicchiandomi il lobo dell’orecchio.

    Certo che lo è. Se non lo fosse ammazzerei quella buona donna della tua creatrice :'D
     
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  6. (Giù;BAKA!
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    Ma maru... è la parte che mi piace di più :Q___ <3
    Quel sangue aaaaaw *w* Rosso, rosso rosso.
    Ho voglia di saltare pezzi noiosi da scrivere... ma devo scriverli per forza =3=
    Uff. Vabbè, ora si aspetta per giorni in attesa che la hi legga. D:
     
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  7. (Giù;BAKA!
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    La mattina seguente non potei fare a meno d’essere quantomeno un filo agitato. Non potevo stare lì con le mani in mano in quella vociferante aula, dopotutto io, io Samih Taslin avevo assistito allo smembramento selvaggio di una mia compagnia di classe. Non solo ero rimasto a guardare senza dire nulla, ma io stesso avevo collaborato …
    Eppure lei era li: col suo sfacciato sorriso in volto e i capelli raccolti in due celesti trecce.
    «Buongiorno, Sam!» esclamò la giapponese appena mi vide.
    Notai alcune ragazze borbottare osservando Mizuko. Eh si! Chiunque avrebbe iniziato a parlottare dell’episodio. Ormai l’intera classe ne era già a conoscenza.
    «Un mostro, è opera di un mostro.» dicevano.
    La mia azzurra bestia trattenne a stento un sorrisetto coprendosi le labbra rosee con il palmo delle mani.
    Ancora quel lucidalabbra, eh?
    Tastai la guancia fredda del mio viso ripensando all’episodio del giorno precedente: nonostante sangue, ragazze aperte, demoni … era quello a tutto ciò che pensavo?

    Buttai l’occhio verso il banco di Cyndi. Non solo Mizuko era presa di mira dalle compagne.
    Già, dopotutto Bridgette le aveva fregato il ragazzo era naturale per la gente pensare anche solo per un istante che quella piccolo coniglietto indifeso avesse potuto fare a fatte quella puttanella.
    Immaginai la minuta ragazzina con un coltello grande quasi come tutto il suo magro avambraccio buttarsi senza pietà sulla bella bionda. Gli schizzi di sangue macchiare la pallida carnagione di quell’agnellino …
    Ah! Che spettacolo.
    «Per caso sei un pervertito, Taslin?»
    Mi svegliai rapidamente dal piccolo mondo in cui mi ero rifugiato.
    Marisa, la rossa amica di Cyndi, mi stava fissando indicando con un gracile dito la bavetta che mi scendeva dalla mia bocca.
    «Non ti credevo uno di quelli.» continuò fantasticando su quali strani pensieri effettivamente avrei potuto avere in testa.
    «Eh? No! Ecco … Hai frainteso!» risposi agitando le braccia a destra e manca.
    «Sarà.» proseguì la ragazza «Hai parlato con Cyndi di recente? Ultimamente beh … E’ strana.»
    La guardai in modo distaccato. Sbadigliai e ripresi in modo del tutto serio.
    «Dubiti di lei?»
    Ah si. Fece un’espressione veramente bella. Gli occhi di una persona che cercano di afferrare la realtà quando in realtà non fanno altro che scappare da essa.
    Fissò per un po’ il pavimento e poi aggrottò le sopracciglia.
    «Si, hai ragione. È mia amica perché dovrei farlo?» concluse esibendo un favoloso e così raro che sono più che sicuro che nel mondo almeno ogni secondo uno ne nasce: un sorriso falso.

    Osservai le punte della gonna scontrarsi fra loro mentre Marisa si allontanava dal mio banco.
    Nonostante affermasse di continuo della loro favolosa amicizia Cyndi quel giorno era rimasta sola.
    Su quella sedia di legno, a fissare le bianche pagine a quadri del nuovo e quasi vuoto quaderno di matematica.
    Lo sguardo cupo fermo sull’unica equazione della spoglia pagina di esso.
    Da un minuto all’altro avrebbe potuto piangere, ma non lo fece.
    Non si alzò, non mangiò. Solo quando l’ultima campanella delle cinque e cinquantotto suonò lei lasciò finalmente solo la sedia di legno quasi come ci si fosse ormai affezionata.
    Stetti quasi per seguirla quando dei biondi boccoli mi sbarrarono la strada.
    «Ehilà Sam. Da quanto non ci vediamo!» disse Annabel piena di entusiasmo.
    «Eh si. Da un po’.» risposi seccato.
    Avevo tutta l’intenzione di seguire Cyndi fino a dove mi sarebbe stato possibile ma lei non me lo permise.
    «Hum. Ho sentito che hai partecipato al primo show in diretta del “gioco”.»
    Riferirsi all’assassinio di Bridgette con il nome di “show” mi parve parecchio azzardato, che razza di spettacolo era? Non potevo ammettere però d’essermi divertito parecchio.
    «Si. Gran bel match.» risi assecondando le parole della ricca ragazza.
    «Vedo che inizia a piacerti, eh?»
    Ci fu un attimo di silenzio. Ciò che bastò a farmi realizzare una cosa.
    «E a te che interessa?»
    Il suo beffardo sorriso si spense in poco.
    Si morse le labbra in segno di stress e si voltò verso la fredda finestra del corridoio.
    «Proprio non lo capisci. Sei proprio tonto. Ancora non ho chiaro cosa Mizuko ci provi in te.»
    «Mizuko ti piace?»
    Lei rise, rise come una pazza strascicando la unta mano sullo sporco vetro,battendo l’altra sempre su di esso.
    «Sei troppo idiota.» disse ancora soffocando le parole.
    «Io non sono come te. Non provo sentimenti alcuni verso di lei eppure … Io, io voglio giocare.»
    Lo vidi: il boccoluto demone biondo.
    «Io … Io … Non capisco perché lei ha voluto … te.»
    Si mise a piangere iniziando a tagliarsi i fluenti capelli grazie ad un forbice che miracolosamente le era uscita da una tasca.
    Era completamente uscita di senno. In un minuto era riuscita a scatenarsi.
    Tutto stava avvenendo così velocemente che quando realizzai che il corridoio era ormai vuoto tentennai.
    Ero solo con questa belva impazzita.
    Mi calmai, non era nulla in confronto a quella piena di rammarico bambola giapponese.
    «Io … avrei … voluto ancora giocare con lei. Ma allora … perché … perché tu?!» urlò senza controllo.
    Ci aveva messo poco per impazzire così … Non mi stupiva ormai più di tanto che la ragazza avesse in precedenza conosciuto Mizuko.
    Mi fu finalmente chiaro. Annabel non era tornata in America semplicemente perché era il suo paese di origine, ma perché voleva continuare: quello spaventoso “gioco” che anni prima le aveva sconvolto la vita come a un giovane arabo di mia conoscenza.
    Le tirai un ceffone in pieno viso, fu l’unico modo per calmarla.
    Le cedettero le gambe, crollò in terra con uno sguardo intontito.
    Serrò allora le palpebre e concluse «Ora che hai capito vai. Ormai per me è finita: conducilo al posto mio. Anche se a dir la verita … Non sono mai stata la principale attrazione del suo “show”. Sono sempre stata un’eterna seconda. Nonostante avessi i soldi, sebbene fossi la più intelligente ragazza di quella scuola, anche se ero “l’amica perfetta” … Io sono sempre stata …»
    Riprese a piangere osservando le bionde ciocche strappate sul pavimento.
    «… seconda.»
    In quel momento fu in grado di trasmettermi tutti i suoi tristi sentimenti.
    Assunsi un’espressione di dispiacere, ma in realtà dentro di me il demonio stava ridendo.
    Avrebbe potuto importarmene qualcosa di lei? Ciò che cercava di fare dopotutto non era supportarmi nel mio difficile “gioco”, lei mi disprezzava. Era tutto in piano per avvicinarsi a Mizuko. Che donna sporca.
    «Io ti invidio, Samih.»
    Ma va? Non ero poi così tonto come diceva. Arrivavo a capire queste semplici cose.
    «Vedi? La vedi questa cicatrice?»
    La osservai da vicino: pareva un semplice neo sotto l’occhio destro.
    «E’ stata Mizuko a farmela. Quel giorno avrebbe dovuto finire il mio “gioco”, per sempre, con la morte.»
    Non vidi mai una persona desiderare così intensamente la propria morte in vita mia.
    Quella ragazza voleva veramente morire. Mi sbagliavo: non era venuta in America per continuare, ma solo per arrivare alla vera conclusione. Conclusione che non le avrebbe permesso mai più di vedere la luce.
    Non arrivai a capire che ormai la vera luce su di noi si era già spenta da un pezzo.
    Da quando avevo smesso di vivere come un sereno e impacciato liceale?
    Piansi anch’io: era tardi.

    Grazie alla conversazione con quella triste ragazza persi completamente di vista Cyndi.
    A scuola il giorno seguente non avrei mai più rivisto quella allegra bionda boccoluta in classe, ma solo una donna col suo stesso viso e nome dai capelli però tagliati in modo quasi irregolari, corti.
    Il suo sorriso sembrò sparire completamente lasciando il posto a un costante muso in volto. Cosa simile successe al “neo” sotto l’occhio: divenne un’evidente cicatrice piena di rammarico.
    Se per caso i nostri sguardi si fossero incrociati tutto ciò che avrei potuto avvertire non avrebbe potuto essere che una flebile e falsa indifferenza.
    Io e Annabel non parlammo mai più, fino al giorno, ancora lontano, in cui tutto sarebbe finito.

    Persi l’autobus, Mizuko se n’era andata tutta sola. Già … perché avrebbe dovuto rimanere lì?
    Eppure per pochi istanti ci sperai, sperai che mi avesse aspettato ma non fu così.
    Sentii nel petto farsi strada una sensazione di malessere improvviso.
    Cosa avrei potuto fare nelle seguenti due ore se non girovagare senza meta nel buio che cominciava velocemente a calare?
    Ormai era novembre e il freddo cominciava a farsi sentire.
    Ah, le attività dei club sportivi non erano ancora terminate.
    Fissai con lo sguardo spento le giovani ragazze saltare quei malmessi ostacoli nella pista di atletica.
    Le goccioline di sudore che scendevano dal volto di ognuna valorizzava maggiormente la parola “impegno” e quando una, ormai stanca, cadeva inciampando sulle magre gambe era lì, pronta ad alzarsi e a continuare la propria corsa senza accennare di voler rallentare.
    Era una cosa davvero, come dire ... ammirevole.
    Notai quella che fino ad ora non era che stata un’insignificante e immonda ragazza: Salome Parker, la lentigginosa e brutta amica di Cyndi e Marisa.
    Nonostante il suo poco curato aspetto c’era qualcosa di veramente particolare in lei, non solo si impegnava come le altre ma nei suoi salti, nella sua corsa, nel modo in cui le sue striminzite braccia oscillavano e nel suo affannoso respiro c’era qualcosa: qualcosa che la gente come usa chiamare “talento”.
    Non importa quanto le persone sprechino la loro vita su qualcosa, se non hanno il “talento” non riusciranno mai a concludere veramente qualcosa. La soddisfazione che riceviamo con l’”impegno” non porterà mai a renderci “diversi” dagli altri. Saremo sempre sotto.
    Ecco: Salome Parker spezzò quest’ordine e mi fece rapidamente realizzare tutto questo.
    C’è chi può e chi non può. Tu, ragazza che cade al terzo ostacolo a soli 32 metri dalla partenza, non ce la potrai mai fare. Non sarai mai come lei. Per quanto tu possa superare senza problemi il quarto, il quinto e il sesto ostacolo saresti sempre caduta al terzo.
    Tra te e quella persona c’è un muro sostanziale sempre più evidente. È dura ma questa è semplicemente la realtà.
     
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    Uuuh, questo pezzo è bellissimo.
    Sam che si rende conto di cose leggermente owie LOL
    Bella soprattutto la fine, complimenti Giù, ti migliori sempre di più ò_ò
    Aspetto il sangue del prossimo pezzo. Se non c'è sangue, ti meno.
     
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    Mi sedetti su una panchina del parco lì vicino. Non sapevo perché ero lì.
    Passare le seguenti due ore in quello spazio desolato non era perché semplicemente mi andava, ma per capriccio.
    Da piccolo, a Dubai, non era insolito andassi da solo al parco. Nonostante le grandi costruzioni e i grigi palazzoni che si ergevano imponenti io trovavo, lo trovavo quel mio spazio verde.
    Finalmente potevo riposare e liberarmi dei miei sciocchi pensieri.
    A quel tempo c’erano parecchie cose che mi tormentavano. Quella di spicco: mia madre.
    Con quei folti capelli neri e quegli occhi verdi inteso mi incuteva paura.
    In quella grande casa non c’era un attimo di quiete. Lei era sempre lì, a lamentarsi di qualsiasi cosa e soprattutto secondo lei era sempre e solamente colpa mia. Se il cane vomitava sull’antico e pregiato tappeto o se il pranzo veniva smangiucchiato da qualche animale del vicinato era sempre colpa e solamente colpa mia. Frequentemente scappavo di casa cercando di allontanarmi da quella “strega cattiva”.
    Fosse stato solo quello il problema … I miei divorziarono. Mia madre, lo riconoscevo io stesso, era insopportabile. Qualsiasi persona si sarebbe accorta di quanto impossibile era diventata la nostra relazione familiare. C’era da aspettarselo comunque che quella donna avrebbe dato nuovamente la colpa a me.
    «Sei … un mostro!» mi urlava.
    Quelle parole erano assolutamente all’ordine del giorno e non mi sarei sicuramente addormentato senza prima sentirle almeno una volta.
    Avendo vissuto completamente sotto il patrimonio dei Taslin passammo la maggior parte della nostra vita per strada arrangiandoci come meglio potevamo. Il governo non mi affidò mai a mio padre. Quando scoprì che sin dalla nascita non mi aveva mai accettato come figlio fu un tale shock …
    Tutto cambiò quando mia madre iniziò a vendersi. Riuscimmo a guadagnare giusto quel poco per permetterci di vivere sotto un tetto e di nutrirci adeguatamente.
    Nonostante tutto ero infelice e prima di tutto … solo.
    Giunsi in America grazie ad una fortuita borsa di studio sotto il completo sostegno finanziario della scuola.
    Anche l’appartamento in cui ora alloggio è solo grazie a questi altri che me lo posso permettere.
    Dipendere completamente da persone di cui ignoro nome e volto non era una cosa che mi andava particolarmente a genio, ma se tutto ciò può essere definito con una sola parola direi che “culo” sia perfetta.

    Finii di sgranocchiare l’ultima barretta di Kit-Kat che mi era avanzata dalla merenda.
    Ah, solitamente era destinata a mangiarla Mizuko sul, quel che ormai consideravo nostro, autobus.
    Quanto mi dispiaceva non avergliela potuta dare …
    Non era vero: avevo terribilmente fame che avrei quasi desiderato di avere altro da mangiare.
    Mi alzai dalla panchina dove ormai avevo trascorso gli ultimi venticinque minuti.
    Avevo freddo. L’inverno continuava ad essere sempre più vicino nonostante il mio cuore sprigionasse ancora un calore inaudito.
    Fu allora che realizzai di non essere solo. Lei era lì. Quella figura minuta, i capelli neri tutti arruffati: Cyndi.
    Continuava ad oscillare le gambe sull’altalena ed era talmente bassa da non toccare terra nemmeno a quell’età.
    Il volto coperto dai corti capelli che le oscuravano completamente il viso: piangeva.
    Nonostante nella precedente mezz’ora avessi fatto di tutto per rintracciarla lei ora era lì, davanti ai miei occhi, immersa in chissà quali pensieri e sofferenze mentre continuava indisturbata nel suo pianto.
    Non ebbi il coraggio di rivolgerle la parola. Continuai ad osservarla finché non arrivò finalmente l’ora di tornare in quella vuota e triste casa.

    Il mattino seguente la rividi. Cyndi aprì come di consuetudine il suo armadietto e da lì uscirono biglietti di carta inzuppati d’acqua e carta igienica con delle immancabili puntine da disegno.
    Varie scritte minacciose fecero tentennare la piccola. Quella bagnata carta non era bianca ma impregnata di penna biro nera: “Muori, assassina.”
    Corse via in preda al panico mentre i risolini di alcune ragazze si fecero chiassosi alla fine del corridoio.
    Allora di puttana non ce n’era solo una. Come potevano pensare per un solo istante che Cyndi fosse stata colpevole dell’omicidio di Bridgette? Beh, effettivamente era un bene: il culo di Mizuko era nuovamente salvo. Ma le sarebbe andata veramente bene così? Mi sembrava poco. Infatti, avevo ragione.
    Mizuko non si limitò a questo. Altro sangue sarebbe stato versato a breve.
    Era veramente il demonio. Non solo avrebbe steso la parola fine sulle sofferenze altrui ma avrebbe aperto una nuova parentesi alla sua equazione formata da operazione tutte accuratamente calcolate.
    La prossima pedina era già pronta ad essere mangiata: posizionarsi in linea retta davanti alla feroce regina era proprio ciò che a tutti gli effetti significava la resa.

    Mizuko durante la pausa pranzo mi fece cenno di seguirla e non esitai un solo secondo ad andare ovunque quel demonio mi avesse portato, anche se fosse stato il paradiso.
    Che dico? Anche fossi morto sarei sicuramente sprofondato nei meandri più oscuri dell’inferno.
    La biblioteca: più di una migliaia di libri vi erano contenuti al suo interno e nessuno di essi aveva seriamente attirato la mia attenzione da quando mi ero trasferito.
    Nonostante essa al giorno ospitasse un gran numero di studenti quest’ultimi erano presto destinati a lasciare la grande aula disinteressati. Anche gli addetti alla biblioteca erano sempre diversi di giorno in giorno da quanto quell’ambiente fosse noioso.
    A quell’ora gli alunni erano prevalentemente impegnati a gustarsi il favoloso pranzo nella mensa scolastica, non vi era nessuno.
    Nessuno fuorché quella piccola ragazzina dai grandi neri occhi che continuava a guardarsi intorno come alla ricerca di qualcosa, di qualcuno.
    Lo capii all’istante: aspettava noi.
    Le palpebre arrossate e le marcate occhiaie indicavano quanto ella fosse già nel panico di suo.
    «Allora? Non mi avevi detto che mi avresti aiutata a … uscire da questa situazione?» disse Cyndi cercando di farsi forza nonostante balbettasse tremando come una foglia.
    Mizuko serrò gli occhi e rise «H-Oh? Che io uccidessi Bridgette per vendicarti non t’è bastato? Non ti senti ancora bene?»
    Lei arretrò sbattendo il capo contro il muro dietro di sé. Era come se fosse in trappola.
    Sterminata dai suoi stessi sentimenti.
    «Io … solo … credevo …» ansimò la minuta donna.
    «Sciocca umana. Voi tutti vi fate trascinare da emozioni così stupide. Credevi veramente che con la sua morte saresti ritornata la sorridente e ingenua ragazzina di sempre? La sola compagnia delle amiche e l’immensa felicità ricavata da solo pranzare assieme in modo spensierato. Hai veramente creduto di poter riavere tutto questo con la morte della persona che ha distrutto tutto questo? No … No. Tu non sei pronta per tutto questo e lo sai.»
    La piccola sprofondò in un pianto selvaggio. Le sue urla era più rumorose che mai, pareva fossero gli strilli di un bambino di tre anni a cui il ciucco era caduto.
    Realizzare di non poterlo più raccoglierlo perché ormai lontano, non poter tornare indietro … doveva essere qualcosa di veramente straziante tanto che riuscii quasi a percepire tutto il dolore di quella che non era altro che una bimba che non voleva crescere.
    «Le bimbe che piangono meritano d’essere punite.» mormorò eccitata Mizuko cambiando radicalmente espressione.
    Eccola, la Mizuko che conoscevo. La bestia azzurra stava per entrare in azione.
    Avrebbe divorato anche sta volta la sua vittima? Il “gioco” del lupo e dell’agnellino stava per cominciare.
    Il pubblico lo attendeva con impazienza.
     
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    Noooo, ma non ce n'è mai uno che non abbia un passato sofferto?! D:
    Bah, odio la madre di Sam. è_é

    Nel prossimo spezzone ammazza Cindy vero? *A* Poniamo fine alle sofferenze di quella pimpa *risata satanica
     
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    CITAZIONE (CaliMaru~ @ 8/8/2011, 17:08) 
    Noooo, ma non ce n'è mai uno che non abbia un passato sofferto?! D:
    Bah, odio la madre di Sam. è_é

    Nel prossimo spezzone ammazza Cindy vero? *A* Poniamo fine alle sofferenze di quella pimpa *risata satanica

    OH chissà.
    E' troppo spoiler... No, ok. Muore. (non si sarebbe mai detto è BD?)


    Cyndi cercò nuovamente di arretrare sbattendo più volte il capo sul muro con un’inquietudine enorme che le si leggeva in volto. Piano piano iniziò da sola a muovere la testa in modo perpetuo sulla parete quasi volesse non ascoltare facendosi del male da sola. Le mani protratte sulle sue curiose orecchie quasi se le volesse strappare. Era ormai la seconda volta che la vidi come spettatore: la disperazione.
    Incredibile come la gente si facesse influenzare dalle parole di altri, dopotutto Mizuko ancora non l’aveva toccata con un dito e già il suo corpo presentava segni ovunque di forte paura cominciando dalle tremolanti e magre gambe. Ormai non si reggeva più in piedi.
    Ok, non ce la faceva più ad aspettare. Se il suo destino fosse stato quello di morire si sarebbe spenta nei prossimi dieci minuti, ma mi sbagliai, non andò proprio così.

    La testa dell’agnellino venne fracassata contro quella bianca parete che presto sarebbe stata ridipinta di un delizioso rosso sangue.
    Le forti zanne del lupo celeste non ebbero pietà per il muso della sua preda, lo rovinarono in tutta la sua relativa bellezza.
    Gli schizzi di quel colore meraviglioso arrivarono persino a macchiarmi il viso.
    Era caldo. Che sensazione fantastica.
    Nonostante fosse ancora in vita i suoi occhi erano completamente spenti, come se le precedenti emozioni fossero d’un tratto svanite assieme alla bianca vernice del muro.
    Le mani di Mizuko scivolare lentamente sul collo della prossima vittima.
    «Hei! Ora capisci? Non ti senti già meglio? Solo così … solo così, sarai libera.»
    Da quei grandi occhi privi di qualsiasi colore sgorgarono due grandi goccioloni che le scesero rapidamente raggiungendo in un attimo terra.
    «Non era … n-non … era così che io …» riuscii a dire con le ultime forze che le erano rimaste in quel fragile corpicino.
    «Huh? Ancora non capisci?» le rispose Mizuko quasi urlando.
    Le prese la mano destra di Cyndi, ancora calda. Afferrò il mignolo stringendolo quasi volesse spezzarglielo.
    Quasi volesse? No, lei lo fece. In modo disumano glielo strappò di dosso, lacerando completamente la pelle.
    La piccola urlò, non come prima, ma semplicemente soffocando l’ultimo respiro.
    Mizuko sorrise maliziosamente «Bene. Con questo possiamo dire addio a tutto l’amore che hai dato in questa tua breve e poco fortunata vita. Bah, non puoi nemmeno lamentarti, fino a una settimana fa vivevi la tua adolescenza con grande gioia.»
    Ah, dopotutto io e Cyndi non eravamo così diversi. Anche la mia sottile “armonia” era stata spezzata da poco da questa bestia senza un briciolo di pudore.
    Eppure perché? Perché io non me ne lamentavo particolarmente? Sapevo che uno spettacolo simile non l’avrei mai potuto vedere in vita mia senza di lei. Nemmeno il più benfatto film horror della storia avrebbe potuto trasmettermi tali emozioni nelle vene che ormai ribollivano impazzite.

    Cyndi fino all’ultimo non riuscii ad opporsi al forte lupo che in un attimo l’aveva divorata.
    Mizuko la lasciò al suolo, lasciando che, da sola, morisse dissanguata cercando di farle vivere quelli che sarebbero stati i suoi ultimi momenti da “donna innamorata”.
    La giapponese strinse con forza il gracile dito della ragazzina quasi fosse soddisfatta semplicemente di avere quello, come se la tenesse completamente in pugno con quel mignolo.
    Più tardi avrei realizzato come ciò fosse un simbolo molto importante per Mizuko.
    Quell’arto riposò così, dentro un libro narrante le avventure di un capretto innamorato e del forte cacciatore il quale l’avrebbe protetto per sempre dalle bestie malvagie.
    I due avrebbero potuto essere felici se non fosse stato per cappuccetto, anch’ella ci provò col cacciatore.
    Non c’era paragone fra la bellezza del capretto e quella di cappuccetto così anche l’uomo scelse la ragazzina dal rosso cappuccio. Il capretto si oppose, prese il coraggio a due mani. Sapeva che non avrebbe mai potuto diventare più bello dell’altra così chiese aiuto al lupo, bestia che anch’esso faceva tremare.
    Con lui fece un patto: il lupo sarebbe riuscito a liberarlo dal male che lo circondava.
    Concludendo il loro grande affare l’animale sbranò con voracità cappuccetto e sua nonna.
    Però, malgrado tutto ciò il capretto non riuscì ad essere felice così tornò a far visita al lupo.
    Lo uccise, lo sbranò ponendo così fine a tutte le sue sofferenze.
    Esso dal profondo del cuore lo ringraziò; di lui solo una zampa rimase.
    Il cacciatore non riuscì comunque a stare con le mani in mano: anche il lupo fece la fine che meritava.
    Dalla pancia di esso però non uscì nessuna nonna e nessuna cappuccetto.
    Il cacciatore rimase così solo fino a quando anni dopo sposò una bella donna del suo villaggio.
    Si concluse così la storia del giovane capretto.
    «Hei Sam!» disse Mizuko come se nulla fosse «Noi lo cambieremo il finale vero?»
    Camminò verso di me lasciando cadere al suolo quello spaventoso libro, ancora più terrificante dal suo effettivo contenuto: fra le pagine un dito appartenuto ad una ragazza che pochi attimi prima era morta.
    «Noi lascerai che il cacciatore faccia fuori il lupo, vero?» continuò la giapponese con lo sguardo speranzoso.
    In un attimo si tramutò in un’espressione famelica: tutto quel sangue non le era ancora bastato?
    «Neh, “Perdonatore” … Non puoi lasciare che il lupo muoia, sennò di te che ne sarà?»
    Non risposi. Le lanciai semplicemente la mia chiara domanda «Io in questa storia chi sono?»
    Ci volle parecchio prima che dalle sue labbra arrivasse una risposta.
    «Hum. Tu più o meno potresti essere … l’alleato del lupo?»
    Alleato del lupo? Era così che mi vedeva? Una semplice pedina.
    No. Non potevo stare immobile così ad accettare tutto questo. Ancora fermo non potevo stare.
    «E se invece fossi …»
    Le strinsi forte le mani e non crollai per un attimo lo sguardo dai suoi occhi.
    «E se invece fossi … l’amante del lupo?»
    Sul suo volto le guance arrossirono lasciando attizzanti espressioni a parte: lì vi era soltanto una ragazza imbarazzata.
    Sciolse la salda stretta che ponevo su di lei e si voltò allontanandosi verso l’uscita facendosi strada fra i quasi immensi scaffali pieni di inutili libri.
    «Sam, sei un idiota.»

    Finita la pausa pranzo ancora nessuno si era accorto della scomparsa da questo mondo di Cyndi. Mizuko era tornata a casa senza dir nulla agli insegnanti ed era buffo vedere quanto tutti trascorressero normalmente le seguenti quattro ore senza sospettare proprio di nulla. Solo io avevo visto quello spettacolo, solo io l’avevo vista morire: quanto sarebbe stato grande il prezzo del mio biglietto?


     
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    OH chissà.
    E' troppo spoiler... No, ok. Muore. (non si sarebbe mai detto è BD?)

    LOL

    Anche io voglio un dito °w° Mizuko egoista.
    CITAZIONE
    «E se invece fossi … l’amante del lupo?»

    Ohssì bel maschionee! ♥
     
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    Uscii prima da scuola, non mi sentivo molto bene. Non avevo intenzione di rimanere un solo minuti di più in quell’aula così ancora vivace. Mi sentivo troppo fuori luogo: avessero visto il cadavere della loro compagna ancora disteso al suolo quella pagliacciata sarebbe continuata?
    Risi dondolandomi su quella cigolante altalena. Da quando avevo scoperto quel parco era ormai diventato il mio rifugio, così come quando ancora di anni ne avevo solo cinque.
    Un posto piuttosto isolato. Non c’erano abitazioni tutt’intorno, mi chiesi spesso a cosa potesse servire quel parco in mezzo al nulla. L’unica cosa vicina era la scuola.
    Che fosse tutto stato creato per me? Mi sentii per un attimo al centro del mondo.
    Grazie a quell’altalena riuscivo a volare nel mio piccolo pezzo di cielo senza che nessun altro se non me, lo potesse varcare. Quel bianco cielo le cui nuvole sembravano essere finite, mangiate dallo stesso sole che in quel momento non si vedeva.
    Quei candidi fiocchi mi caddero in pieno viso. Al solo contatto con la mia pelle si sciolsero rigandomi le guance. Insolito come potesse nevicare a novembre … Il freddo sembrava volere inghiottire tutto, la neve voler pulire tutto quel mondo colorato dove il bianco si preparava a dominare.
    Non sentivo più le mani ma nonostante ciò rimasi ancora lì seduto a fissare il vuoto sopra di me.
    Malgrado il freddo quella ragazza con la gonna dell’uniforme e i rossi capelli raccolti in due folte ciocche si avvicinò: che voleva da me quella Marisa?
    I suoi occhi quasi socchiusi e arrossati, il fazzoletto che stringeva con noncuranza nella mano sinistra, era evidente: aveva pianto.
    Ormai che avesse scoperto della morte della sua cara amica era più che certo.
    «Che vuoi? Non dovresti essere in classe?» domandai.
    «Le lezioni sono state sospese.» rispose fissando il terreno semi innevato.
    Aveva così paura che non riusciva nemmeno a guardarmi negli occhi.
    Che intenzioni aveva? Voleva semplicemente vendicarsi di Cyndi?
    Uccidendo me non sarebbe comunque riuscita a fermare gli intenti omicidi di Mizuko.
    In questo modo sarebbe stata di nuovo sola?
    La ragazza di fronte a me cadde rovinosamente sulle sue ginocchia mentre tremava come una foglia.
    Nonostante la neve ricoprisse ormai gran parte del suolo le sue nude ginocchia si sbucciarono.
    Ah, sangue.
    Strinse con forza la sua gonna ricominciando a piangere.
    Bianco e rosso: sarebbe stato uno scenario perfetto, tuttavia senza Mizuko io non ero altro che un normale studente del liceo. Da solo non avrei avuto così tanto riuscire a porre fine ad una vita. Solo la giapponese riusciva a innescare la follia che era in me.
    La ragazza iniziò a balbettare qualcosa. La ascoltai.
    «Perché?! Perché … non le sono stata vicina … Perché è dovuta finire così?» urlò in preda al panico.
    Risi alzandomi finalmente da quell’altalena. Le scompigliai i rossi capelli sciogliendole con cura la cocca legata da un verde nastrino.
    «Per lei era finita.»
    Si aggrovigliò al mio braccio quasi volesse portarmelo via.
    «Tu! Non capisci? Non capisci?!» continuò urlando «L’unico motivo per cui lei se n’è andata … L’unico motivo …»
    Non smise per un solo secondo di piangere tantoché avrebbe potuto esaurire tutta l’acqua che aveva in corpo.
    «… è colpa mia.» concluse la ragazza in preda alla sua piccola disperazione.
    Mi trattenni nel ridere a crepapelle e, con chissà quale espressione nel volto, le sorrisi.
    «Sì: è solo colpa tua.»
    La terrorizzai completamente addirittura talmente tanto che mollò rapidamente la presa dal mio braccio.
    Quel suo piccolo cuore continuava lentamente a squarciarsi da solo mentre chissà quali pensieri la disturbavano.
    «Se solo le fossi stata vicina …»
    Non avevo l’intenzione di ascoltare una sola parola di più di tutta quella commedia.
    Quanto stupida poteva essere ancora la gente? Come ci si poteva sentire in colpa nella morte di una
    persona nonostante fosse stato un altro ad ucciderla?
    Lei non era per motivo alcuno colpevole, e allora perché? Perché continuava a sentire quel forte peso nel petto? Non capivo.
    Ormai anche io ne avevo uno pesante. Quella Mizuko era riuscita a modificare tutti gli schemi nel mio cuore. Ormai l’amore non era quanto affetto provassi verso di lei ma piuttosto la quantità di “liquido” che usciva dalle mie ferite. Nonostante il mio corpo fosse privo di tagli visibili delle interne fratture cominciavano a farsi sempre più evidenti. Le mie ossa erano perfette, i miei organi a posto: cosa non andava in me?

    Lasciai lì quella triste ragazza in quel parco desolato. Ero diventato ormai insensibile a quel tipo di scenette e come commedia era davvero malfatta. Era priva di qualsiasi fondamento e con tutta sincerità anche poco realistica: senza Mizuko lo show era davvero qualcosa di pietoso.
    Passai per la pista di atletica. Le lezioni erano da poco terminate e già questa era piena zeppa di adolescenti in tuta e pantaloncini. Beh si, di certo vi erano anche dei ragazzi ma raro attirassero la mia attenzione.
    Anche Salome Parker era lì. A prima vista sembra proprio rilassata, con la sua felpa rossa e le scarpe abbinate. Ecco che si preparò ad iniziare la sua corsa superò il primo, superò il secondo, così fece anche per il terzo ma al quarto tentennò. Miss “talento” cadde.
    Ad un primo impatto non sembrò nulla di grave ma poco dopo fu evidente che la ragazza si era slogata la caviglia o anche qualcosa di più serio avendo sbattuto proprio sul piede.
    Una delle tante cose che può mandare a picco una persona con “talento” è una abbastanza semplice: ciò che si può chiamare “infortunio”. La parola “infortunio” solitamente viene utilizzata per indicare un danno fisico, al proprio corpo. Secondo me questa cerchia di “danni” può anche allargarsi: danni morali, come problemi in famiglia o di lavoro cosi che il termine “infortunio” possa essere utilizzato per indicare qualcosa di più vago e impreciso. Ci sono molte cose che posso “bloccare” una persona a non compiere un’azione: quella parola per me era perfetta. E poi dopotutto si sa, un infortunio può portare anche alla morte, no?
    Ormai Salome Parker, colei che era destinata ad emergere nel mondo dell’atletica finì nell’oblio.
    Perdere tutto per degli sciocchi sentimenti verso un’amica che non avresti mai più rivisto in vita tua se non in tomba. Le persone erano veramente idiote. La vedevo così.

    L’autobus senza Mizuko sembrava solamente una prigione, era da parecchio che non tornavo assieme a lei.
    Mi mancava. Per quanto ancora le giornate potevano continuare così? Una continua pioggia di sangue e disperazione. Nonostante tutte questi sentimenti riempissero i mesi e le sue settimane Mizuko era sempre la stessa. Le avevo promesso che l’avrei trascinata fuori da tutto, che avrei accolto le sue sofferenze placando la bestia dentro di lei che da sempre la tormentava nel cercare ancora quel rosso liquido. Avrebbe tutto ciò portato ad un lieto fine sereno degno del “e vissero tutti felici e contenti”? Nelle fiabe non c’era un simile finale del modo che “i cattivi” avrebbero potuto essere contenti. Ci attendeva un destino di pura sofferenza? Quando sarebbe arrivato il momento di scontare tutte le nostre pene?
    Più andavamo avanti più tutto diveniva monotono e noioso. La stessa paura, la stessa disperazione: grazie a lei non le temevo più. Mi sentivo superiore. Ancora non sapevo che nonostante anche io, sebbene fossi una mostro come lei, ne avrei sofferto. Credevo veramente di potere tutto. Grazie davvero, Mizuko.

    Scesi come al solito alla mia fermata su quel vecchio ponte. Ci volle un attimo per accorgersene.
    Ella stava cantando, una dolce melodia, quasi fosse un tenero uccellino.
    Si voltò verso di me e rapidamente sorrise.
    Un demonio sotto le mentite spoglie di un gracile pettirosso.
    «Sam!» urlò lei correndo verso di me.
    «Heilà.» risposi al saluto.
    Entrambi era come se facessimo finta di niente. Cyndi era morta eppure noi eravamo lì, a conversare di un qualsiasi stupido argomento ignorando del tutto le tenebre che erano calate su di noi.
    Nonostante fossero solo le sei attorno a noi già regnava il buio. La neve aveva presto ricoperto le case del vicinato, il ponte, il tettuccio della fermata, le rotaie del treno e anche Mizuko.
    I suoi lunghi capelli celesti erano avvolti dai candidi bianchi fiocchi. Novembre già sembrava voler fuggire malgrado fosse appena iniziato.
    «Domani mangiamo assieme.» sollecitò lei sollevando i bordi delle labbra.
    «Va bene.» risposi felice.
    Non lo dissi in modo falso. Ero veramente contento di quella proposta.
    «Ok, a domani! Bye!» … «Daisuki yo, Sam.»
    «Che?!»
    Che aveva detto?
    «Ah …» la ragazza arrossì come solo lei poteva, poi riprese «… Nulla, beh … Vuol dire … Ecco … Significa “Che bella la neve” ahahah. Bello il giapponese vero? Ahah.»
    Cazzo, era proprio molto convincente. Nemmeno google traduttore non avrebbe mai potuto storpiare una traduzione in modo simile, ma lei lo fece: di proposito.
    Sicuramente voleva dire ben altro che esaltare la neve, ma non trovando risposte ai miei interrogativi cercai di non metterla in imbarazzo.
    La ragazza si dissolse in mezzo al bianco quasi come stesse cercando di fuggire dalla mia annebbiata vista.
    Ah, le era caduta la sciarpa. Era così soffice.
    Sembrava quasi la storia di Cenerentola che aveva perso la sua scarpetta di cristallo.
    Quando le avrei ridato quella sua poltiglia di lana blu avrebbe sorriso?
    Mi avrebbe ringraziato dolcemente e avremmo poi pranzato allegramente insieme?
    Ah, non vedevo l’ora di vivere una situazione simile. Stavo diventando sempre peggio.
    Arrivavo sempre a fantasticare. Cercavo di organizzarmi in ogni minimo dettaglio pur di renderla, anche solo di poco, più felice. Quelli non potevano che essere i sinceri e macchinosi pensieri di una persona … innamorata. Finalmente lo realizzai nel mio cervello. Non riuscii mai a vedere che in quel momento il mio viso era completamente rosso. Mizuko mi piaceva.
     
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    E' bello ammazzare la noia <3
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    «Daisuki yo, Sam.»

    Per quanto io possa amare il giapponese, TI ODIO GIU'. Sia te che Mizuko. "Che bella la neve".... Ma insomma!!! Attendevo da secoli questo momento!!! Devi smetterla di giocare con google traduttore giù!! ç_ç
     
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    CITAZIONE (CaliMaru~ @ 13/8/2011, 16:36) 
    E' bello ammazzare la noia <3
    CITAZIONE
    «Daisuki yo, Sam.»

    Per quanto io possa amare il giapponese, TI ODIO GIU'. Sia te che Mizuko. "Che bella la neve".... Ma insomma!!! Attendevo da secoli questo momento!!! Devi smetterla di giocare con google traduttore giù!! ç_ç

    Uwhahahaha. Samih è gnurant xD
     
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