La ragazza Verdeacqua intrisa nel rossosangue

Splatter/scolastico :Q__

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  1. (Giù;BAKA!
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    Uhm, sono stata via oggi. Posto ora O:


    Da quel giorno la mia angioletta non si fece più viva per un po’. Credevo fosse per la sospensione ma Lexie un giorno mi disse che Angie non stava nemmeno molto bene di salute. La ragazza scura dopotutto sembrava veramente essere una brava persona.. Nonostante le avesse tirato un pugno in piena faccia, ancora visibile, lei era molto preoccupata per Angie.
    «Ci conosciamo dalle medie.»disse «Quando Angie e io eravamo ancora intrappolate in brutti circoli..»
    Brutti circoli? Erano due drogate? Oh signore. Che altro avrei potuto sentire ancora?
    Lei si fermò un attimo aspettando una mia risposta ma poi riprese da sola «Se ti va posso dirti tutto..».
    Si avvicinò a me «Vieni da me dopo scuola.»
    Accettai senza troppi problemi. Volevo sapere. Un giorno questa mia curiosità mi avrebbe incastrato di sicuro lo sapevo già allora.
    Concluse le lezioni presi assieme a lei uno dei tanti autobus che si fermavano davanti a scuola: era il 56.
    Rispetto al solito mezzo sgangherato che prendevo sembrava nuovissimo e sciccoso. Fra centro città e periferia sembrava esserci così tanta discriminazione..
    Io e Lexie scendemmo a soli dieci minuti di viaggio. Era un bel quartiere: non isolato ma nemmeno intasato dal pesante traffico che circondava alcune zone.
    Il suo appartamento si trovava in un grazioso gruppo di case color glicine accatastate l’una all’altra. Di un grattacielo nemmeno l’ombra.
    «Entra.» disse lei rapida «Se ti vedono sarà un bel guaio.»
    Abitava da sola. Le stanze erano talmente banali che descriverle sarebbe stato inutile quanto quella casa fosse così normale. Solo io mi immaginavo chissà cosa prima di far visita a qualcuno?
    «Siediti.» mi invitò lei «Qui c’è del tè, bevine pure quanto ne vuoi.»
    Sorseggiai un po’ di quell’acqua bollente insapore e me ne stetti in silenzio.
    «Allora.. Il motivo per cui sei qui..»disse «E’ perché volevo scusarmi con te per il comportamento di Angie.»
    Appoggiai la tazza sul tavolino. «Di cosa? È lei a doversi scusare.»
    Non sembrò volermi ascoltare e continuò a parlare per conto suo.
    «Devi sapere che Angie fino a qualche anno fa non era la dolce e tenera ragazzina che fino a pochi giorni fa sembrava essere.»
    Beh! Fin qui tutti ci sarebbero arrivati. Ormai era intuibile che anche quella ragazza avesse qualche effettivo problemino.
    «Angie era il capo di una gang di teppiste chiamata “Hoping”. Prima di lei era sua sorella maggiore a guidarla, ma dopo averla lasciata Angie diventò un punto di riferimento per tutte le ragazze della banda. Si limitava a sfogare tutti i suoi problemi in risse ed era così violenta che a volte perdeva il controllo ferendo anche le sue compagne. Alcool e droga erano all’ordine del giorno: fu in quel periodo che la conobbi.»
    Non so se ero più spaventato del fatto che quella ragazza era un ex-capo di un organizzazione di pazze drogate o per il fatto che quella ragazza fino a cinque giorni prima mi piaceva.
    «Io stessa facevo parte di una gang. Io e lei arrivavamo spesso a scontrarci. Avevamo più o meno gli stessi interessi e coprivamo la stessa zona. Però..»
    Non riuscii più ad ascoltare il discorso. Era veramente troppo assurdo e inverosimile. Due ragazze teppiste di due fazioni differenti che iniziano a frequentarsi e diventare due brave scolarette nascondendo a tutti il loro turbolento passato?
    «Beh.. Allora.. Perché lo stai raccontando a me?» risposi.
    Ci fu un attimo di silenzio.
    «Io… Pensavo avresti potuto capire!» disse lei «Difendi Mizuko e poi rimani sconvolto per una storia simile?»
    Era vero. Non sapevo più chi delle tre fosse la più normale.
    «Ti piace Angie?»
    Non so perché. Chiedetelo ai santi, ma feci proprio quella domanda.
    Bingo. Ci fu di nuovo un imbarazzate silenzio. Il suo viso, nonostante la carnagione scura era rosso come non so e continuava a stropicciare l’orlo della gonna tentando di rispondere.
    «N-non glielo dire però!»
    Fu la cosa più imbarazzante che avessi mai sentito. Non mi sorpresi per il fatto che entrambe erano due donne, ormai ero preparato a discorsi ben più strani.
    Tornai a casa stanchissimo quasi avessi fatto una sessantina di chilometri correndo. Beh si, sessanta chilometri li avrò pure fatti, ma in taxi. Sarebbe stato lunghissimo aspettare il mio solito autobus quindi decisi che, nonostante lo svuotamento improvviso del mio portafogli, ebbi preso la soluzione più giusta.

    Incontrai Mizuko passeggiare di nuovo sul muretto del ponte.
    La salutai e anche lei mi fece cenno con la testa.
    Si accovacciò su sé stessa e iniziò a fissare le vecchie rotaie sottostanti.
    «Lo sapevi? Una volta qua sotto scorreva un grande fiume.» disse triste.
    «Dev’essere passato un sacco di tempo da allora» risposi «Abitavi già qui?»
    «No.» continuò «Mi sono trasferita qui da poco.»
    Calò in silenzio. Le ciocche di capelli fluenti le dondolavano sulle spalle e lo sguardo ancora cadente.
    «Sam, sai cosa significa Mizuko?»
    Scossi la testa. Sarebbe stato ancora più inquietante se mi fossi messo a fare delle ricerche sul suo nome.
    «Significa “Figlia dell’acqua”.»
    «Curioso come nome.»
    «L’ha scelto mia madre guardando i miei occhi appena nata.»
    «Bugiarda.»
    Avevo risposto “Bugiarda”? Sembrava come se riuscissi a capire tutto di lei in quel momento.
    Purtroppo durò solo un istante. In un istante tutte le emozioni della ragazza mi invasero. Pochi secondi più tardi le dimenticai.
    Lei sorrise con le sopracciglia aggrottate, un’espressione che aveva del malinconico e sadico allo stesso tempo.
    «Hai ragione.» disse solo questo.
    Riprese poi il discorso «Non ricordo nemmeno quale fu il nome che mi diede alla nascita. L’ho cambiato così tante volte..»
    Non è vero. Lei lo sapeva, ma mentiva.
    «Dov’è ora tua madre? In giappone?»
    Sapevo che era morta. Lo sentivo.
    «Non c’è più.» rispose con ancora un falso sorriso sulle labbra.
    Finsi di sentirmi dispiaciuto e le chiesi ancora «Sei figlia unica?»
    «Avevo tre sorelle maggiori.» mi disse col solito tono calmo e tranquillo.
    «Avevi? »
    Si voltò di scatto restando seduta sulla muretta, prendendomi per una spalla avvicinando solo il viso.
    Sorrise in un modo pazzesco, assottigliando gli occhi. Paura.
    «Le ho uccise io.»
    Mi sentii morire dentro. Una sensazione al di là di un semplice spavento: terrore, pura follia.
    Avrei voluto scappare se non fosse per l’espressione di Mizuko che cambiò velocemente.
    «Scherzavo.» disse ridendo «Dovresti vedere che faccia hai fatto! Ahaha.»
    Piano piano le sue parole diventavano sempre più chiare. Sarei riuscito a perdonare me stesso per essermi avvicinato così tanto alla giapponese? Cominciai a tremare.

    Lei riprese facendo finta di nulla «Quando me ne andrò lo farò seguendo il corso di questo fiume. Arriverò al mare. »
    «E che faresti al mare scusa? »
    In realtà non volevo affatto saperlo.
    «Ritornerò da dove sono venuta. »
    Non capii. Come potevo d’altronde? Qualche mese più tardi mi sarebbe tutto stato chiaro.
    Ora mi chiedo come sia effettivamente riuscito a sopravvivere interi mesi con quel mostro.
    Mi prese il braccio e se lo strinse al petto «Ehi, Saaam! Che ne dici? » disse indicando le rotaie.
    Oddio. Che aveva in testa ora?
    «Domani ti va di andare al mare? » disse.
    «Abbiamo scuola.. »
    «Seguiremo le rotaie.. » continuò lei «Sarà divertente! »
    «Abbiamo scuola. » ripetei.
    Non mi andava di morire lì. Me lo sentivo se in quel momento avessi deciso di accompagnarla sarebbe stato un viaggio senza ritorno. Due giovani liceali morti investiti in curva da un treno mentre passeggiavano incauti su delle rotaie vecchie e in disuso? Già me lo immaginavo.
    Aveva uno sguardo veramente triste, ma non riuscii a farmi cambiare idea. Ci tenevo alle penne.
    Tornai a casa vittorioso.

    Il giorno seguente mi sentii un po’ in colpa per aver trattato male Mizuko, anche le bestie hanno i loro sentimenti, no?
    Non si era fatta vedere in classe: che fosse andata da sola verso il mare?
    Che poi come poteva effettivamente arrivare al mare? Era distante chilometri.
    Anche Angie era assente, ancora da quel giorno. Iniziai a preoccuparmi un po’ e ormai Lexie si era abituata all’idea che io andassi da lei per chiederle informazioni sulla fuggiasca. Continuava a ripetermi che era a casa senza la minima voglia di uscire di lì. Non riuscii mai a crederle fino in fondo.
    Quel giorno non avevamo le lezioni pomeridiane. Oh come adoravo il sabato. Iniziava a fare freddino anche se erano i primi di ottobre e l’autunno era comparso da poco.
    Le foglie gialle che cominciavano a cadere nell’ampio giardino scolastico.. Le bici accatastate l’una sull’altra ricoperti da queste curiose sagome arancioni e rossicce.. Sembrava correre troppo in fretta quella stagione. Molti degli alberi erano già spogli.
    «E’ bello vero? »
    Una voce mi sorprese alle mie spalle.
    «Ah. Scusa se ti ho spaventato! Io sono Annabel Cooper. » continuò lei «Anche se non ci siamo mai parlati siamo in classe assieme. »
    Lo sapevo fin troppo bene. Chiunque avrebbe notato almeno una volta una figura così piccola e minuta con dei favolosi boccoli, pareva avesse una parrucca.
    Era famosa a scuola, la sua famiglia era decisamente ricca.
    Ma cosa voleva esattamente da me? Aveva forse una cotta per me?
    No, non era qui per me. Lo capii.
    «Ecco io.. Vorrei parlarti. » mi disse.
    Mi fece salire in macchina. Era una delle cose più fighe che avessi mai visto. Un’autista personale, il distributore di bibite all’interno dell’auto, gli interni rivestiti in pelle leopardata: era una viziata.
    Rimasi di stucco quando mi resi che mi avrebbe portato in un comunissimo Mc Donald.
    Ordinammo cibo e bevande. Era proprio uno spettacolo assurdo vedere quella raffinatissima ragazza prendere fra le mani il suo Cheeseburger e infilarne rapidamente un boccone in bocca.
    Quando finì di deglutire iniziò il discorso che da minuti attendevo di ascoltare «Sono qui per parlare di Mizuko. »
    Ecco lo sapevo. Tutta la mia vita scolastica era legata completamente a quella ragazza. Dal litigio con Patty e Angie, a questo; dal vociferare delle altre ragazze, alla mia popolarità.
    Anche Annabel era qui per dirmi strage su di lei? Ero pronto ad andarmene.
    «Vorrei che mi ascoltassi» continuò lei «Io conoscevo Mizuko. »
    I pochi neuroni che avevo in testa non mi bastavano per dare risposte alle mille domande che mi balzarono in mente in quell’istante.
    «Vedi.. » riprese lei «I miei genitori due anni fa mi portarono in Giappone. Fu allora che conobbi lei.»
    Una sorpresa , una vera sorpresa. Ma.. cosa voleva da me? La conosceva no? Poteva parlarci da sola.
    «Il fatto è che.. da quando Mizuko si è trasferita qui ha come smesso di essere la Mizuko che conoscevo. Beh, di certo era strana pure allora. »
    Si schiarì la voce e si preparò a raccontarmi tutto per filo e per segno. Non potei nascondere di essere pienamente interessato alla questione. Le gambe mi tremavano.
    «Portava i capelli più corti. Erano neri però quegli occhi.. era impossibile non riconoscerla con quegli occhi. Nonostante abbia cambiato nome è sicuramente lei!»
    «Era tua amica?» chiesi.
    «Si, io e lei ci frequentavamo. Non ci misi molto a notare che c’era qualcosa di anormale in lei. Ci vollero mesi prima che tirasse fuori il demonio che era in lei.»
    Anche lei lo vedeva: quell’inquietante persona, quell’animale.
    La lasciai proseguire «Non voglio che si ripeta. » disse seria.
    Mi guardò negli occhi quasi come se i suoi mi implorassero un sincero aiuto.
    «Cosa? » chiesi in modo chiaro.
    «Lei le uccise tutte. Tutte le nostre compagne di classe lei le uccise tutte.»
    Rimasi pietrificato. Se qualcuno mi dicesse che una ragazza del liceo avesse ucciso una ventina di ragazze sicuramente non ci avrei creduto, ma si trattava di lei. La ragazza inquietante che abitava a meno di cinquecento chilometri da casa mia. La ragazza inquietante che prendeva il bus alle cinque e ventuno. La ragazza inquietante che voleva vedere il mare. La ragazza inquietante che in realtà non era altro che una ragazza tormentata dai traumi che la vita le regalava.
    «Nessuno provò mai che fosse stata lei. La piccola classe che contava venticinque alunni rimase solo con tre di questi: io, Mizuko e il ragazzo di cui lei si era innamorata. »
    Fu strano sentirlo. Mizuko innamorata? Anche gli animali possono amare? Penso proprio di si.
    Ma perché? Perché anche lei era salva? Perché non l’aveva uccisa?
    «Ti chiedi perché, eh? »
    Mi lesse nel pensiero. Assunse un’espressione famelica.
    In quel momento mi ricordò in modo inverosimile la faccia che Mizuko era solita fare durante le sue scenate folli. Non potei fare a meno di farmi venire i brividi.
    Si alzò in modo provocante sul tavolo spostandosi i boccoli da davanti il viso.
    Cheeseburger e patatine sembravano così insignificanti nonostante li trovassi squisiti. Il ghiaccio della cocacola si stava velocemente sciogliendo e in quel locale sembravamo esistere solo io e lei.
    «A pensarci bene.. Non c’è nessun motivo troppo razionale. Il mio e quello di Mizuko era semplicemente un gioco. Quando il gioco è finito… Beh è stato allora che avrei dovuto decidere se morire o meno.»
    Si sedette nuovamente e tirò un sospiro di sollievo «Ah, è quasi un miracolo che io sia ancora viva. Ad ogni mia parola sbagliata mi avrebbe potuta uccidere. Che io le dessi soddisfazione o indifferenza erano entrambi buoni motivi per farmi fuori.»
    Continuai a non capire una parola. Continuare a frequentare la giapponese.. solo un pazzo poteva farlo.
    «Sappi però che, al contrario di quello che stai pensando, non potrai più scappare da lei.» si fermò e riprese «Ormai sei tu il suo nuovo giocattolo. Finché non ti “romperà” o non si stuferà di te non ti lascerà andare. Nel peggiore dei casi morirai. Così com’è successo a Rio. »
    Rio? Non riuscii a pensare ad altro. Dalla bocca non mi usciva niente solo qualche parola balbettata.
    Strinsi forte la salvietta con cui mi ero appena pulito dal sale delle patatine e presi il coraggio a due mani.
    «Chi è Rio? »
    Lei sorrise in modo allegro «Rio è l’ex di Mizuko. Il ragazzo di cui ti parlavo prima. Era un gran fico! »
    Per qualche secondo potei già vedere il mio nome sulla tomba.
    «Ha partecipato anche lui al “gioco”. Per un periodo era riuscito a frenare gli istinti folli della ragazza. Le aveva dato una ragione di vita, felicità.. La sensazione di essere amata dagli altri. È qualcosa che Mizuko cerca da sempre eppure.. Si era stufata. Non è capace di trattenere le sue ossesse manie. »
    Mi prese la mano e la strinse forte.
    «Io sono dalla tua parte, ricordatelo. »
    «C-che significa..? » balbettai.
    «Lei ora vuole il tuo. » continuò «Il tuo sangue. »
     
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