La ragazza Verdeacqua intrisa nel rossosangue

Splatter/scolastico :Q__

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  1. (Giù;BAKA!
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    Uwah, grazie hi. Era da molto che volevo riprendere a scrivere qualcosa del genere e tornando ad ascoltare Rolling Girl mi è tornata la voglia di farlo. (non chiedermi perchè D:)

    Caddi. Si ma non giù dal ponte, per terra, fortunatamente.
    «La fortuna è dalla tua parte, Perdonatore. »
    Mi vennero i brividi. Una frase del genere detta a pochi centimetri dal viso faceva un certo effetto.
    «Hem.. Ti alzi ora? » disse lei imbarazzata.
    «Ah. »
    Dopotutto, nonostante fosse strana, era pur sempre una ragazza.
    Mi alzai e mi rimisi a posto la camicia in disordine.
    «Il bottone. » disse lei.
    «Cosa? »
    «Il bottone.. si è strappato. »
    «Ah. »
    «Ohi! Non stare la a dire “Ah.”. Se vuoi passiamo per casa mia e te lo cucio. »
    Guardai il bottone nero come le converse che indossavo al momento e il filo strappato ancora sulla camicia.
    «Ma guarda non importa.. »
    «Si che importa! Non sai cucire e poi abiti da sol..- »
    La guardai male, molto male. Come faceva a saperlo lo ignoro anche adesso.. però mi fece veramente paura.
    Mi arresi «Va bene. Cucimela. »
    Sorrise come una bambina e disse «Seguimi. »
    «Ma.. non dovremmo andare a scuola? »
    Si voltò e senza guardarmi ripeté «Oggi… non passerà.
    Scossi la testa, altro che ragazza, altro che animale: era proprio una bimba capricciosa.
    Anche se devo ammettere che riusciva lo stesso a incutermi un’agitazione assurda.

    Mentre percorrevamo la lunga strada isolata che mi avrebbe portato a casa sua fantasticai su come poteva essere effettivamente la casa di questa bestia; qualcosa di trasandato? Come i piatti sporchi accatastati sul tavolo, i libri per terra e le riviste strappate? Oppure degli interni rosa e gli scaffali pieni di bambole e peluche? Non so perché ma Mizuko mi dava solo l’idea di abitare in un posto del genere.
    Ci fermammo a metà della via: un piccolo animale giaceva in mezzo alla strada.
    Sapevo che lei lo avrebbe notato, da animale ad animale ci si intende no?
    Ci scherzai su ma la ragazza sembrò veramente intenzionata a preoccuparsi per lui.
    Nonostante non passasse mai una sola macchina se non il vecchio autobus perché era lì?
    «E’ferito, non è ancora morto. » disse lei molto seria.
    «Chiamiamo un veterinario. »
    «Idiota non farà mai in tempo. »
    «Ohi idiota a ..- »
    Non feci in tempo a finire che lei prese il gattino in braccio.
    Era stupenda, i capelli lunghi accarezzati dal vento, quegli occhi dal colore inverosimile.. e quella creaturina piccola e grigia che faceva tenerezza. Non le dissi mai cosa in realtà pensai in quel momento. Un demonio, sembrava un demonio, con in mano la sua piccola vittima il cui sangue le colava già sui polsi.
    «Che hai intenzione di fare? »
    «Lo porterò a casa, ovviamente » rispose tranquilla.
    La camicia, il gatto o lei stessa? Chi avrebbe avuto bisogno di più di una risistemata?

    «Accomodati. » disse facendo cenno di entrare.
    «Ah. »
    «Che c’è? »
    «Nulla. »
    Una casa normale. Sembrava veramente una casa normale. Le pareti bianche, il tavolino spoglio con solo il giornale di oggi poggiato sopra, gli scaffali pieni di libri accuratamente ordinati..
    Tirai un sospiro di sollievo mentre mi sedetti sul nero divano.
    «Prima mi occupo del gatto poi penso a te, ok? »
    «O-ok.. »
    Avrei proprio voluto assistere alle sue famigerate cure per il micio ma alla fine pensai che era meglio così.
    Non c’era proprio nulla di strano in quell’appartamento, anche camera sua era perfettamente in ordine.
    Le lenzuola bianche rifinite e decorate qua e là da qualche fiorellino blu. Ok, non potei fare a meno di fantasticare su qualcosa di sconcio per qualche istante ma dopotutto era normale, la ragazza più bella della classe, un autentico animale. Eppure a prima vista era così carina.. un vero spreco.
    «Ehi! Saaaaam! » arrivò lei sorridendo.
    «Che c’è? »
    Avvicinò la sua mano alla mia fronte e accarezzò i mossi capelli scuri che mi cadevano sulla fronte fissandomi da vicino.
    Cambiò espressione, di nuovo quel sorrisetto malizioso.
    «Certo che hai proprio due begli occhi.» si mise una mano sulle labbra «Di certo non sono sprecati su di te, caro il mio “Perdonatore”. »
    La allontanai di colpo, quasi come fosse una reazione di riflesso.
    «Ah, scusa. »
    Arricciò le sopracciglia ma non spense il suo sorriso ormai ebete sul viso.
    «No, non è nulla. » rispose «Ti ho spaventato? » domandò ridendo.
    Non feci in tempo a risponderle che mi mostrò la mano.
    «Com’è? E’ bello? »
    Non lo notai subito, ci misi del tempo a capire che si riferiva al suo smalto.
    «E’ nero, come i tuoi capelli! Come sto?»
    «Bene. Benissimo. »
    Non è vero. Sembrava ancora più il demonio così, ma ovviamente non glielo dissi.
    «Nero.. Nero… Ora che ci penso! Devo ancora cucire quel bottone nero alla camicia! »
    «Ah.. si. » dissi senza alcun entusiasmo.
    «Toglitela. »
    «Eh? »
    «Toglitela, ho detto la camicia. »
    «Ah.. »
    Aspettai un po’ ma lei continuò ancora prima di potermi muovere.
    «Ho detto TOGLITELA!» urlò.
    Di nuovo la stessa sensazione di un attimo fa, paura.
    Iniziai a togliermela in tutta fretta strattonando i bottoni rimasti. Un po’ mi vergognavo.. no anzi.. di che avrei dovuto vergognarmi? Ero solo un po’ in imbarazzo.
    «Tieni. »
    Le diedi tra le mani la camicia bianca, tutta appallottolata su sé stessa.
    Non stava curando molto la camicia, mi fissava, mi stava fissando.
    Mi schiarii la voce «Beh? Non la cuci? ».
    Mi fissò ancora una volta. Riuscii a malapena a sentire qualcosa uscire qualcosa dalla sua bocca.
    «Cosa? » dissi.
    «U-uao.. »
    «Eh? »
    «Uao. Ho detto U-A-O! Ti è chiaro testa di rapa?! »
    «Beh.. detto così è un po’ strano.. Ehi! E poi a chi hai dato della testa di rapa?!»
    Ero chiaramente in imbarazzo assoluto. Se ci penso avrei potuto essere il “figo ragazzo straniero palestrato” se solo non avessi fatto amicizia con lei e non avessi allontanato così le altre persone da me.

    Quella sera non riuscii a dormire. Non so se fosse per l’essere stato a casa di Mizuko o piuttosto ciò che mi aveva offerto per pranzo. Non chiusi occhio. Continuai a rotolarmi sul letto per minuti e forse ore intere.
    Feci un sogno: nel sogno c’era una ragazza di classe nostra.. mi pareva che il suo nome fosse Patty… Patty Roberson.. capelli corti a caschetto, il cerchietto in testa. Il sogno mi sembrò così realistico che quando mi svegliai pensai quasi di essere veramente già andato a scuola. La cosa più traumatizzante era che sognavo di ucciderla, sì, strangolandola con le mie mani. Sconcertante, ci avevo parlato si e no due volte. Curioso il fatto che era sempre lei a dirmi quanto dovessi fare attenzione nel diventare amico della giapponese e che era solo una sbandata. Pensai sicuramente di essere rimasto troppo suggestionato da Mizuko.

    Riuscii a riprendermi solo quando vidi il bel viso di Angie sorridermi.
    Si sedette di nuovo nel banco vicino a me.
    «Hei! Buongiorno! Tutto bene? Ieri non sei venuto.. »disse con un tono preoccupato.
    «Ah. Sì tutto bene! Ho solo perso l’autobus.. »
    «Hmm.. vieni a scuola in autobus? Non potevi farti portare dai tuoi? »
    «I miei non sono qui. Solo io sono venuto in america.. »
    «Eh? Sei qui da solo.. e i tuoi sono all’estero? Dio mio, hai un culo! »
    Sobbalzai un attimo.. Poi mi ricomposi. Beh, anche Angie era una ragazza come le altre dopotutto perché avrei dovuto sorprendermi per una o due parole. Forse ero io quello abituato a fare il santone, dissi fra me e me.
    «Beh. Allora… Sei diventato suo amico? »
    «Amico di chi scusa? »
    «Parlo di Mizuko ovviamente » disse seria «Quella poveretta è così sbandata che non ne ha nemmeno uno. Chissà come passa tutte le sue giornate! Chiusa in casa a fare la schiavetta dei suoi genitori. Anzi, mi chiedo quanto anche loro siano disperati! » concluse ridendo.
    «Eh si. Mi chiedo ancora come possa venire a scuola. » aggiunse Patty.
    Patty Roberson, la ragazza del mio sogno, amica di Angie. C’erano due ragazze che principalmente ronzavano attorno ad Angie: Patty e Lexie.
    Lexie non aprì bocca. Nonostante il suo aspetto, capelli scuri, occhi scuri, pelle scura, le spalle larghe e il viso ricoperto di trucco, non sembrava così acida. Tendeva starsene zitta mentre Patty e Angie partivano con i loro monologhi su Mizuko.
    Ora mi chiedo forse se quel sogno abbia avuto veramente un significato.

    Ci misi un po’ per controbattere. Lexie mi fissava come se stesse aspettando turbata la mia risposta.
    «Lei è mia amica. »
    Ci fu un’agghiacciante silenzio.
    Perché risposi così? Il giorno precedente l’avevo passato solamente a pensare nel mio cervello quanto Mizuko sia effettivamente un mostro. Perché? Simpatizzavo forse per quella ragazza?
    «Ahaha! Questa è buona. » rise Angie.
    «Sono serio. »ribattei nuovamente.
    La stavo difendendo ancora… perché?
    «Oh mio dio! » esclamò Patty «Ora non c’è solo un mostro. Ora ce ne sono due? Peccato.. eri anche carino..»
    Ok, definitivamente. Patty mi stava sul cazzo.
    «Come puoi? Come puoi difendere quella sgualdrina! Hai idea di come sia straziante sopportarla tutti i giorni? » continuò lei «Angie, dillo anche tu. »
    «Già, quella troia. »rispose.

    Qui finì la prima cotta dell’anno. Angie la dolce ragazzina del primo giorno di scuola, era sparita. Quegli occhioni color nocciola parevano solo degli spicchi di arancia schiacciati.
    «Qui la puttana sei solo tu. » le urlai «Penso che sopportare voi per lei sia dieci volte più difficile! »
    «EH? Che hai detto?! » urlò la ragazza incazzata «Io? Sono una puttana?! »
    «Si, una grande e grandissima troia! State lì tutto il giorno a pigliare per il culo quella ragazza perché non avete niente di meglio da fare? Nessun ragazzo vi fila?! »
    Perché?
    «Ripetilo, stronzo. »
    Perché?
    « Lo ripeterò tutte le volte che vuoi fino a farti diventar sorda!»
    Perché la stavo ancora difendendo?
    «Vai Angie! Fatti valere! » la incitava Patty prendendosi le giuste distanze.
    Sapevo come sarebbe finita, nonostante tutto continuai, continuai, continuai..
    «Basta Angie… Smettila.. » cercò così Lexie di calmarla.
    Non la calmò, anzi.
    «Ehi troia! Anche tu? La difendi? »
    Angie diede un pugno a Lexie con forza sul naso.
    Uno spettacolo a dir poco orribile. Quella ragazza così carina sferrare un colpo con tale violenza a una cara amica? Dove siamo finiti. Pensai veramente di essere all’inferno. In confronto a quello Mizuko mi faceva molta mena paura. Le ragazze sono davvero terrificanti.
    Intervenne un professore. Dopodiché lasciai la classe alla ricerca di quella bambola giapponese.
    Non sarebbe stata chissà che impresa trovarla: attirare l’attenzione era una delle cose che meglio le riusciva.
    Difatti non fu difficile. Un armadietto che piange non si trova tutti i giorni.
    «Avanti, Mizuko. Esci di lì. » dissi.
    Continuava a piangere senza il minimo accenno di voler smettere.
    «Forza. Ti ho vista che stavi origliando. Esci. » ripetei.
    «N-non… Voglio.. »
    «Si che vuoi. Non vorrai passare lì dentro la tua vita. »
    «S-Sicu-Sicuramente qui dentro… Darei meno fastidio a tutti quanti.. »
    In questo momento sembrava proprio una ragazza come tutte le altre.. se solo non si fosse nascosta in un armadietto.
    Era così tenera. Stava male per le parole dette da quelle baldracche. Conclusi che, anche se Mizuko si comportava in questo modo lei lo sapeva, sapeva che in questo modo avrebbe allontanato le altre persone.. eppure lei voleva solo essere sé stessa.
    «Mizuko, io ti capisco. Perciò esci di lì. »
    Smise di piangere improvvisamente e cambiò il tono di voce.
    «Sei sicuro di capire? » si fermò «Il mio dolore. Le mie sofferenze. Le senti? »
    «Le sento. »
    «Bugiardo. »
    Sgattaiolò fuori dall’armadietto con i capelli che le coprivano il viso.
    Avvicinò il suo volto ancora avvolto dal manto celeste e a due centimetri dal mio naso mi sussurrò «Vuoi davvero? »
    Rimasi in silenzio.
    Lei ripetè.
    «Vuoi davvero conoscere tutto ciò che porto dentro? »
    «Sì. » riposi senza pensarci due volte.
    «H-Oh? Sei proprio sicuro? »
    «Sicurissimo. »
    Si mise a ridere in modo folle e sconcertante. Finalmente potei vedere gli occhi arrossati e le guance ancora umide. Sembrava impazzita, come se avesse perso qualsiasi controllo su sé stessa. A pensarci bene non sembrava, lo era. Avevo protetto questo demonio. A che scopo? Perché?
    Si avvicinò di nuovo in modo furtivo, questa volta al mio orecchio.
    «Riuscirai a perdonare te stesso per aver fatto una scelta così sciocca? Chi lo sa, caro il mio “Perdonatore”.»
    Non capii. In realtà non solo questo, non capii totalmente il discorso. Le sue domande, le mie risposte: volevo solo che quegli attimi terrificanti passassero. Avrei detto qualsiasi cosa per andarmene di lì il più velocemente possibile.
    Poi un altro istante che per me durò un secolo. Dalla sua sottile bocca fece capolino una vorace lingua affamata che in breve tempo assaggiò completamente il mio orecchio sinistro dove poco fa aveva pronunciato la sua ultima frase. Rimasi intontito. Lì imbambolato.
    «Squisito. » disse.
    Quella fu la seconda notte in cui non chiusi occhio.
     
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